Basta bluff sulla legge elettorale

Matteo Renzi ha confessato di «rosicare» di fronte allo spettacolo democratico del sistema francese. Sapesse noi, cittadini elettori dell’unico Paese dell’Occidente che, anche volendo, non può andare a votare, perché non ha una legge elettorale utilizzabile. Per una democrazia la legge elettorale è come il volante per un autista: se non ce l’ha non può guidare. E siccome dovrebbero essere gli elettori a guidare la macchina democratica, si deve dire che al momento in Italia la democrazia è ridotta, parziale, ferita. È il frutto di una lunga stagione di errori, trucchi e imbrogli delle forze politiche di centrodestra e di centrosinistra che si sono alternate al governo nell’ultimo decennio. Le prime partorirono un sistema opportunamente definito Porcellum, poi dichiarato incostituzionale dalla Consulta; le seconde strapparono con un voto di fiducia al Parlamento un sistema orgogliosamente definito Italicum,
anch’esso dichiarato incostituzionale nella sua parte più creativa, il ballottaggio. Così ora è rimasto in piedi il moncherino di un Porcellum per il Senato e la carcassa
di un Italicum per la Camera. Se andassimo a votare oggi non solo non avremmo un vincitore o una maggioranza, ma potremmo addirittura trovarci due diversi primi arrivati nelle due Camere. Un incubo.

Tutto ciò si sa, non fosse altro perché l’ha detto più volte il Capo dello Stato, chiedendo ai legislatori di provvedere con urgenza. Come risposta ha avuto l’avvio di un minuetto offensivo della nostra intelligenza, in realtà finalizzato a lasciare tutto com’è. Il partito di maggioranza relativa spara sistemi a raffica: una settimana è il Mattarellum redivivo (volesse il Cielo, quel sistema tutto sommato funzionava), un’altra è il Consultellum (il moncherino di cui sopra) rivisto e adattato, un’altra ancora è il «tedesco» ripescato dalle nebbie del passato. È successo persino che un autorevole esponente renziano abbia depositato in commissione una proposta per il Provincellum (altra pezza del costume arlecchinesco per cui in Italia si vota con cinque sistemi diversi tra Regione, Provincia, Comune, Parlamento nazionale, Parlamento europeo) solo per sentirsi dire da Renzi qualche sera dopo in tv che non si sarebbe mai fatto fregare da quel sistema lì. Ieri infine abbiamo letto che il Pd starebbe preparando due proposte, una proporzionale diretta a Berlusconi e una maggioritaria da presentare a Grillo. À la carte. Gli altri partiti giocano la stessa melina. Si sono coalizzati per strappare al Pd il presidente della commissione che deve decidere, ma a che pro se non hanno alcuna idea comune sulla legge?

Tutti dicono che sono pronti, anche domani, anche stasera stessa, a fare la loro parte, ma poi subito aggiungono la loro condizione irrinunciabile; purché non sia proporzionale, purché non sia maggioritario, purché il premio sia alla coalizione, o alla lista, purché non si tocchino i capilista bloccati, o purché si sblocchino, eccetera, eccetera. I Cinque Stelle, che si vantano di non aver mai votato una delle precedenti leggi bocciate dalla Consulta, sembrano fermamente intenzionati a non votare nemmeno la prossima e anzi ad impedire che chiunque altro ne voti una, secondo il più classico «tanto peggio tanto meglio». Il massimo che graziosamente concederebbero è abbassare la soglia del premio di maggioranza per poterlo prendere loro: perfettamente in linea con la tradizione dei vecchi partiti che hanno legiferato sulla base dei sondaggi del momento. Un comportamento che ha fin qui prodotto quattro sistemi diversi in soli 25 anni, l’ultimo dei quali naufragato ancor prima di essere mai stato usato, e quattro governi di seguito non espressione di maggioranze elettorali.

Si sta producendo così un danno letale alla credibilità della democrazia rappresentativa nel nostro Paese, peggiorato dal fatto che da molti anni non è più consentito agli elettori neanche di scegliersi il proprio rappresentante. Chi vuole davvero salvare il sistema parlamentare deve mettere fine a questo gioco del cerino, e cercare con umiltà e spirito di servizio un accordo. Questo compito spetta innanzitutto al partito di maggioranza, che non può rifugiarsi in atteggiamenti pilateschi, come a dire «io ci ho già provato, ora vediamo che sapete fare voi». Non è colpa degli italiani se hanno bocciato la riforma costituzionale loro proposta con un referendum. Nè è colpa della Consulta se l’Italicum violava in più punti i principi della Costituzione. Gli altri protagonisti della vita politica, a partire da Berlusconi, hanno il dover di favorire un’intesa. La lotta politica non è un pranzo di gala, ma nemmeno una partita a poker. Anche perché prima o poi gli elettori scoprono sempre chi bluffa.

CORRIERE.IT

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