Gli ospiti di Airbnb potrebbero pagare anche la tassa di soggiorno
Sale la pressione su Airbnb e gli affitti brevi. Dopo l’Airbnb Tax, vale a dire la tassa definita sugli incassi dagli affitti brevi in case private (è stata stabilita una cedolare secca del 21% ma saranno i portali, come Airbnb, a dover fare da sostituto d’imposta), in arrivo ci sarebbero anche una tassa di soggiorno e un’assicurazione obbligatoria. La tassa di soggiorno riguarda però solo quei Comuni che già la prevedono per gli hotel.
Non mancano le repliche sul caso. «Imposta di soggiorno, assicurazione obbligatoria, vincoli alla durata. Sono solo alcuni degli interventi con i quali deputati del Partito democratico propongono di aggredire le locazioni brevi, dopo aver notato che alcuni italiani si sono permessi di esercitare il loro diritto di proprietà attraverso l’affitto, per cercare di pagare almeno in parte Imu e Tasi, contribuendo per giunta a muovere l’economia e ad animare qualche borgo dimenticato. Noi proponiamo di essere più diretti: si vieti del tutto l’affitto, senza ipocrisie. Tutti in albergo, per legge» è il commento del presidente di Confedilizia, Giorgio Spaziani Testa.
Anche sui numeri del sommerso nel settore del turismo è scontro. «Bisogna iniziare a parlare chiaro. Federalberghi è infastidita da coloro che in Italia affittano la propria casa o svolgono attività extralberghiere, non gli va proprio giù. E vuole che venga scoraggiato in ogni modo chi ancora si permette di farlo, adesso addirittura annunciando censimenti da Stato di polizia – afferma Spaziani Testa -. Venuto meno, con la ritenuta alla fonte della cedolare, lo spauracchio dell’evasione fiscale, provano a mettere in campo altri spettri, dai rischi per la sicurezza a quelli per la salute e per l’igiene».
Confedilizia rivolge un appello al Governo e al Parlamento: «Rammentino il monito dell’Antitrust e non ripetano l’errore fatto dalla Camera con la normativa sul cosiddetto home restaurant, mortificando una sana espressione economica per proteggere coloro che se ne sentono minacciati e che, anziché pensare a migliorare i propri servizi, spendono tutte le proprie forze per eliminare quella che percepiscono come una concorrenza».
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