Ma a Berlino c’è chi teme una trappola
A sole 24 ore dal suo insediamento all’Eliseo, Macron si reca oggi a Berlino per la sua prima visita all’estero. Non è una novità: ma, al di là del valore simbolico, il nuovo presidente francese ha ripetutamente sottolineato la sua volontà di rilanciare l’integrazione europea ed il suo storico motore franco-tedesco. A riceverlo c’è una Angela Merkel rafforzata dal successo in tre elezioni regionali e proiettata verso un’affermazione nel voto federale del settembre prossimo.
L’ascesa di un candidato così fortemente europeista è sembrata un autentico miracolo in una Ue scossa da tante crisi e minacciata dai movimenti populisti.
La settimana scorsa, alcune ombre hanno peraltro oscurato la promessa di un rinnovato idillio franco-tedesco. Le proposte di Macron in merito alla creazione di un ministro delle Finanze, di un bilancio e di un’assemblea parlamentare comuni per la zona euro hanno destato in Germania riserve e sospetti. Si sono da più parti ravvisate insidie per la politica di rigore favorita da Berlino e sono stati evocati gli spettri degli eurobonds, dell’espansione dei debiti e del trasferimento di risorse a vantaggio dei Paesi in crisi dell’Europa meridionale e della Francia stessa. «Der Spiegel» ha riassunto in questi termini la preoccupazione diffusa: «Macron il seduttore vuole salvare l’Europa facendo pagare i tedeschi». L`inquietudine è amplificata dal fatto che il candidato cancelliere della Spd, Martin Schulz, si è precipitato a montare sul cavallo di Macron, appoggiando le idee a lui attribuite in nome della «solidarietà europea»: una linea consona alle posizioni eurosocialiste, ma più adatta alla sua passata funzione di presidente del Parlamento europeo che non allo sfidante della Merkel, chiamato a contenderle il primato della governabilità.
Da parte tedesca prevale comunque la consapevolezza della necessità di andare incontro a Macron e di perseguire compromessi credibili per non perdere questa occasione di rilancio dell’asse Parigi-Berlino. Fermo restando l’imperativo ineludibile per il nuovo governo francese di attuare le riforme strutturali per troppo tempo rinviate.
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