Da clochard a milionario “Ora aiuterò chi ha bisogno”
Gianni Di Rocco
«Per il momento sono ancora un clochard, eh! Tutto quello che ho è lì dentro». Gianni Di Rocco, 47 anni, originario della provincia di Teramo, mostra lo zaino che ha lasciato lì, appoggiato per terra. «Per anni e anni, ho avuto solo questo, con me».
Quanto? «Sto partendo per Teramo e solo lì, all’apertura del testamento, potrò saperlo. Mi ha telefonato mia cugina: l’eredità comprende appartamenti, terreni e denaro ma non sono l’unico beneficiario». A lasciare una vera e propria fortuna al clochard Gianni Di Rocco è stata una zia. In città, ieri, la favola del senzatetto che si è trasformato in milionario si è diffusa presto. A ben vedere, la cifra in sé poco importa. Perché, qualunque essa sia, è comunque il punto di partenza della nuova vita di Gianni Di Rocco. Dopo decenni da vagabondo. In strada. Nelle stazioni. Mangiando alla mensa dei poveri. E che ora, ricomincia. Da milionario.
Ultimo dopo tre sorellastre (con in comune il padre, differente la madre), nel 1994 Di Rocco taglia i ponti con la provincia, che gli va stretta. Gli studi in Sociologia a Urbino, «dove mi sono laureato»; la rotta puntata dritta verso «l’Austria, la Germania, la Francia, la Spagna»; l’arrivo a Milano. Gianni Di Rocco non ha un lavoro. E presto, complice il vizio del gioco, si «mangia» tutti i soldi che ha. Tutti. «Mi sono bruciato fino all’ultimo spicciolo, giocando al casinò». A Milano, trova un porto sicuro nella Exodus di don Mazzi. «Vizio del gioco a parte, non ho avuto altri problemi. Non sono mai andato in galera, credo nella legalità».
Negli ultimi 13 anni, la vita ha portato Gianni Di Rocco qui, a Rapallo. Fra strada, stazione, la mensa di chi ha bisogno della Basilica, con don Stefano Curotto. «La strada è dura. Per me non è stata una scelta, ma una conseguenza, non avendo più nulla. In questi anni ho visto tante persone non farcela. Morire». Per la sua nuova vita Gianni Di Rocco parte in treno con una camicia azzurra, un paio di pantaloni sul beige/verde e uno zainetto in spalla. Null’altro. L’abbraccio al sindaco Carlo Bagnasco, che è «stato un vero amico». Il saluto a don Stefano Curotto. E una promessa: «Non scorderò don Stefano Curotto che fa tantissimo per i senza tetto. Darò indietro il bene che ho ricevuto».
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