Governo mai così assediato. Per questo arriverà al 2018
Quando si è in un pasticcio, insegna una massima di Confucio, tanto vale goderne il sapore.
Dobbiamo forse a una felice congiunzione astrale, o alle semplici contingenze giudiziarie, se ieri è emersa in tutta la sua plastica ambivalenza la nuova forma di governo che reggerà l’Italia fino alla primavera del 2018. Da una parte l’accerchiamento, l’accanimento, i guai neri, le malefatte, i traffici scandalosi, il malocchio o quanto preferite. Dall’altro – basta osservare con attenzione la foto qui a lato – il sereno moto millenario, la vita che prosegue e progetta per il futuro. Essa sembra stampata sul sorriso formale di Xi Jinping e su quello che potrebbe ben essere il suo gemello nato a circa settemila km di lontananza, ma per fortuna su quella benedetta «via della seta» che la Cina moderna intende rilanciare in grande stile. Di qua lo chiamiamo prosaicamente Gentiloni, laggiù già è conosciuto come Jen-ti-lin: per il garbo, per il verbo, per quella mollezza e debolezza proprie dell’acqua che, com’è scritto nel Chuang Tzu, «nessuno riesce a superare nel vincere la durezza».
Così, mentre il nostro premier lasciava l’amata Beijing per raggiungere Putin a Sochi (prevista la firma di altri accordi), nel chiassoso Stivale mediterraneo si animava l’ennesimo psicodramma. L’affare Consip resuscitato da una telefonata tra Matteo e Tiziano Renzi (dimostrazione che l’ex premier sapeva e considerava «grave», ben altro che una bufala, l’inchiesta a carico del babbo). L’affare Etruria che non si spegneva affatto, visto che gli avvocati consigliavano alla sottosegretaria Boschi di non avanzare querela contro de Bortoli, ed è chiarissimo il perché. Il maggiore alleato di governo, Angelino Alfano, trascinato in un’«assurdo coinvolgimento» (ipse dixit) nell’inchiesta sul Cara di Capo Rizzuto, a causa di una foto assieme a un imprenditore in odore di ‘ndrangheta. Ed è chiaro che il nervosismo dimostrato dal capo di Ncd nei confronti della trasmissione televisiva Gazebo (cui ha rifiutato l’accredito per una conferenza stampa) ha poco a che fare con i gusti televisivi, quanto con una legge elettorale voluta da Renzi che rischierebbe di tagliare per sempre le gambe al partito alfaniano. Come se non bastasse, sullo sfondo resta la manovrina, con i suoi emendamenti, e la legge di Stabilità in autunno, vero spauracchio per ogni governante di Paese che da pochi giorni abbia superato il proprio record di debito pubblico, giungendo a un totale angosciante: 2.260 miliardi. Senza che la Ue a rinnovata trazione franco-tedesca possa risparmiarci lagrime e sangue. Clima che, nella drammatizzazione sulla quale gioca Beppe Grillo, diventa appello al presidente Mattarella per un’Italia «sull’orlo del baratro, a un passo dal default», per colpa di una «cura Renzi che ha mandato in coma il Paese» innescando la «tenaglia terrificante di sprechi e austerità».
Ecco. Solo che di tutto questo, a occuparsene era ieri la «cabina di regia» di Matteo e Mariaele, con capigruppo e la Finocchiaro. Strumento che in pratica ha commissariato Jen-ti-lin, ma di fatto gli consente di volare alto. «Gentiloni sta lavorando con il nostro sostegno e appoggio», non manca di ricordare ogni giorno Renzi (anche ieri). Eppure la prospettiva di governo pare allungarsi a dismisura, se questo passa il lunario e salvo colpi di testa non consigliabili. Jen-ti-lin per fortuna sa che il silenzio è un vero amico che non ti tradisce mai (ancora Confucio). Adottandolo, ne è adottato (anonimo).
IL GIORNALE