Indagato alto funzionario della Casa Bianca: «È un uomo vicino a Trump»
Impeachment
Secondo la «Cnn» i legali di Trump avrebbero cominciato a studiare a fondo «l’impeachment», la procedura costituzionale a disposizione del Congresso per rimuovere il presidente. E’ un’ipotesi certo, ma non più così remota. Ancora lunedì scorso, dopo le prime indiscrezioni su ciò che si sarebbero detti Trump e Lavrov nello Studio Ovale, deputati e senatori avevano reagito con cautela. Ma ieri sera gli umori erano pessimi.
Forse è una coincidenza, ma ieri sera è arrivata anche la notizia delle dimissioni presentate da Jim Donovan, il viceministro del Tesoro, casella importante della nuova amministrazione. Sui canali tv, nei corridoi del Congresso rimbalzano domande inquietanti. Chi è questo «alto funzionario della Casa Bianca, tuttora in carica, sotto indagine»? Potrebbe essere il genero di Trump, Jared Kushner, (come sostiene la stampa inglese, tra cui l’Indipendent) già al centro delle polemiche per i suoi colloqui ambigui con l’ambasciatore russo a Washington, Sergei Kysliak. Oppure il ministro della Giustizia Jeff Sessions che ha dovuto addirittura rinunciare al coordinamento dell’inchiesta.
Emorragia di credibilità
E ancora: come va intesa la frase di Trump «alleggerire la pressione>? Non è forse un indizio, grave, della volontà di ostacolare gli accertamenti condotti dall’ex direttore dell’Fbi sui rapporti tra lo staff di Trump e il Cremlino? «Ostruzione alla giustizia» è un crimine che giustifica il ricorso all’impeachment. E’ già successo nel 1998 con Bill Clinton. Il portavoce di Trump, Sean Spicer ha replicato con una nota scritta: Comey fu mandato via «perché aveva politicizzato l’indagine». Da stamattina, comunque, Trump è a Riad, la capitale dell’Arabia Saudita. E’ un’occasione per cercare almeno di tamponare l’emorragia di credibilità. Nelle scorse settimane Kushner ha mediato personalmente con la Lockheed Martin per un’imponente fornitura di armi al re saudita, Salman: 110 miliardi di dollari. E’ la base su cui provare a costruire un’alleanza militare sul modello della Nato. Con un doppio obiettivo: compattare il fronte arabo moderato per sconfiggere definitivamente l’Isis e, nello stesso tempo, contenere le ambizioni dell’Iran.
Verso Riad
Osserva Philip Gordon, ex consigliere di Barack Obama per il Medio oriente e oggi analista al Council on Foreign Relations di Washington: «Trump offre una prospettiva opposta a quella di Barack Obama. Fiducia ai sauditi e agli egiziani, ostilità aperta verso l’Iran. Nessuna “lezione” sui diritti umani». I due perni di questo schema, il re Salman e il presidente egiziano Al-Fattah al Sisi hanno di recente recuperato una buona relazione politica. Ma, al fondo, si contendono il rapporto privilegiato con gli Stati Uniti. Trump spingerà per sciogliere il dualismo egiziano-saudita in un organismo pan-arabo moderato. A Riad si discuterà di eserciti, di intelligence, di investimenti per la difesa comune.
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