Sentire Mario Draghi che dice «L’Europa ha la crisi alle spalle» e guardare la crescita dell’Italia più bassa di ogni altro paese suggerisce un’immagine malinconica. C’è una gita scolastica e il bambino che non ha i soldi per pagarla rimane sul marciapiedi a guardare il pullman che parte con i compagni. Quel bambino è intelligente, forse più degli altri, ma viene da una famiglia pasticciona che non pensa a garantirgli un futuro, paralizzata da liti su temi che gli altri compagni del loro figliolo hanno superato da tempo. Il 16 aprile dell’anno scorso il parlamento ha approvato in via definitiva la riforma costituzionale. Da allora è cominciata la lunga paralisi. O meglio, da allora ogni mossa è stata condizionata dal referendum del 4 dicembre. Lo shock referendario ha portato a un cambio di governo e l’agenda politica è stata dominata dalla lotta tra chi voleva seppellire Renzi nella polvere e chi voleva riportarlo sugli altari. Hanno vinto questi ultimi a prezzo di una scissione, ma da allora si parla soltanto di legge elettorale. 

Poi si entrerà in campagna elettorale e ciascuno sarà preoccupato non di far quello che oggettivamente serve al Paese, ma da ciò che può far guadagnare più voti. Naturalmente c’è un governo che governa ed è pieno di buona volontà: il decreto di ieri sui vaccini abolisce finalmente un’altra incredibile anomalia italiana. Ma è e sarà costretto sempre a navigare in un mare tra il mosso e l’agitato e il suo viaggio è dunque più lento e tormentato. Adesso che con Brexit molte istituzioni finanziarie dovranno lasciare Londra, Francoforte verrà preferita alla più piacevole Milano per due ragioni: magistratura e burocrazia. Quale imprenditore o manager viene volentieri nell’unico paese europeo in cui possono sequestrarti i beni come misura di prevenzione prima che tu commetta un reato? Nel paese in cui un ufficiale dei carabinieri al servizio di una procura della Repubblica (Napoli) distorce le intercettazioni telefoniche facendo apparire il contrario di quanto accaduto col risultato di colpire l’uomo politico al momento più importante (Matteo Renzi)? Nel paese in cui si discute da 25 anni su come regolamentare le intercettazioni, mentre a quelle folli che hanno distrutto Berlusconi si sono affiancate quelle manipolate per distruggere Renzi? E poi la burocrazia. Un giorno mi permisi di dire a un presidente della Corte dei Conti che il suo ufficio era – certo involontariamente – la fonte principale di corruzione. Al mio allibito interlocutore spiegai che qualunque funzionario pubblico è terrorizzato dall’azione di responsabilità contabile. Perciò non firma niente. E più d’uno, sottoponendosi al rischio della firma, lo compensa con una tangente. I nostri meccanismi burocratici sono mostruosi. I giorni degli altri da noi sono mesi, i mesi anni, gli anni i decenni. Siamo sicuri che la riforma Madia darà davvero un volto moderno a una burocrazia che non vuole saperne? Questa Italia assomiglia sempre più al ‘Deserto dei Tartari’ di Dino Buzzati, in cui il tenente di un distaccamento militare di confine si macera fino a distruggersi nell’attesa di un nemico che non arriverà. E se quel nemico fosse la Ripresa? Ci sarà qualche eroe pronto a uscire dalla Fortezza Bastiani per catturarla finalmente?

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