Una rete da Trapani ai palazzi romani, così Morace diventò il re degli aliscafi

di ANTONIO FRASCHILLA

PALERMO. Sono i re assoluti del mare veloce, hanno la più grande flotta di aliscafi d’Europa, e quasi in monopolio gestiscono i collegamenti tra le isole della Sicilia, ma anche dalla Puglia alla Grecia, da Trieste e la Croazia, e nelle isole Canarie. Un impero, quello sotto controllo dalla famiglia di armatori Morace, che dà lavoro a oltre 400 marittimi, fattura quasi 100 milioni di euro all’anno e che si espande a macchia d’olio in tutti i palazzi del potere, da Palermo a Roma. Un impero che va difeso con le unghie e con i denti dai concorrenti e da possibili interventi “politici”. Perché in questo settore la politica conta eccome, visto che solo di contributi pubblici per i collegamenti veloci in ballo ci sono cifre milionarie: 63 milioni in Sicilia altri 55 milioni nel resto del Paese. Non a caso i Morace, Vittorio, il padre, Ettore il figlio (arrestato per corruzione), avevano contatti con tutti e da tutti cercavano di ottenere qualcosa, offrendo cene, regalando Rolex, dando benefit come Mercedes, finanziando partiti. Una rete vastissima di rapporti, quella che emerge dalle carte della mega inchiesta della procura di Palermo sulla corruzione nei trasporti marittimi.

L’avventura nei mari dei Morace inizia con il padre Vittorio, originario di Napoli, che da giovane lavora con una famiglia importante di armatori campani, quella degli Onorato. Nei primi anni Novanta coglie l’occasione di rilevare da Salvatore Lauro una piccola compagnia siciliana, la Ustica Lines: due barche che collegano l’isola con la Sicilia. Da allora Morace padre inizia ad aumentare al flotta e le tratte con le Egadi e le Pelagie e acquisisce compagnie in difficoltà, come quella dei Rodriguez. A Trapani Morace diventa un riferimento e quando la squadra di calcio è in difficoltà, è a lui che si rivolge l’allora sindaco Girolamo Fazio per prenderne le redini e portarla poi fino alla serie B.

Nel frattempo cresce il rampollo, il primogenito Ettore, che viene nominato dai capitani “coraggiosi” che rilevano la Tirrenia, gli Onorato, i Grimaldi e gli Aponte, ad amministrare l’ex mega compagnia di Stato. Lo farà per tre anni, prima di tornare in Sicilia, a Trapani, nel quartier generale della Ustica Lines che nel frattempo ha comprato pure mezza Siremar prendendosi gli aliscafi e allargando la flotta a ben 32 mezzi veloci: nessuna compagnia europea ha un numero così elevato di aliscafi.

Ma reggere questo impero non è facile e servono aiuti. Da qui una rete fittissima di contatti da oliare, nella peggiore delle ipotesi, adulare nella migliore. Morace figlio ha rapporti con tutti a partire da chi governa a Palermo. «Lei è un dio», dice all’assessore Baldo Gucciardi, trapanese, che sostiene un emendamento all’Ars che fa avere un finanziamento aggiuntivo da 3 milioni per il trasporto marittimo. I contatti arrivano anche a Palazzo Chigi. Ettore al telefono con il padre si vanta di essere stato a cena con l’allora sottosegretario, oggi ministro, Claudio De Vincenti: «È quello che ci ha aiutato nell’acquisizione della Siremar». Il ministro in una nota adesso precisa: «Ho lavorato sempre nel rispetto delle regole e nell’interesse generale ».

E quando c’è da sostenere un emendamento che riduce l’Iva per il trasporto passeggeri, contatta la senatrice siciliana Simona Vicari che si mette a disposizione. La sottosegretaria fa di tutto per ostacolare Maurizio Lupi, al quale si era rivolto il rivale Franza, e alla fine fa passare la norma che riduce l’Iva dal 10 al 5 per cento. In cambio lui gli regala dei Rolex e lei lo ringrazia: «Sei un tesoro».

I Morace possono poi contare sull’ex sindaco di Trapani Girolamo Fazio che ottiene in comodato d’uso una Mercedes, intestata all’azienda Liberty Lines. Ottiene anche l’assunzione del nipote, Roberto Fazio, e fondi
per la campagna elettorale a Trapani. E attraverso Fazio, Morace prova a modificare perfino decisioni della magistratura amministrativa. È l’ex sindaco che vola a Roma per incontrare prima il presidente dell’Antitrust Giovanni Pitruzzella e poi Raffaele De Lipsis, ex presidente del Consiglio di giustizia amministrativa. De Lipsis assicura: «Mi metto in moto». Per cosa? Per fare pressioni sull’attuale presidente del Cga, Claudio Zucchelli, e far accogliere il ricorso dei Morace. La rete da Trapani è arrivata al cuore dello Stato.

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