Tra Renzi e Berlusconi l’ipotesi del baratto: elezioni in ottobre, ma con il proporzionale

ugo magri
roma

La sensazione che qualcosa stia cambiando l’ha avuta un vecchio e sincero amico di Berlusconi, quando gli ha chiesto: «Ma secondo te, è più probabile che la Corte di Strasburgo ti dia ragione prima delle prossime elezioni, facendoti questo immenso regalo, o semmai che ti salvino all’indomani del voto, quando tu non potresti più sfruttare il verdetto favorevole in campagna elettorale?». «Più facile dopo», ha risposto quasi d’istinto il Cav. «Ecco, appunto», ha sospirato l’amico. E sono rimasti lì tutti e due pensierosi.

 L’ora del dilemma

L’aneddoto descrive bene il dubbio in cui si sta struggendo il mondo berlusconiano: se davvero abbia senso resistere a tutti i costi, e fare muro contro le urne, nella speranza che la sentenza europea arrivi prima del voto. Ci sarebbero dei pro e contro. Qualora la Grand Chambre stabilisse che fu un abuso cacciarlo dal Parlamento, certamente Silvio si presenterebbe all’Italia come vittima dei giudici, dei «comunisti» eccetera, e nessuno sa recitare quella parte meglio di lui; dunque gli converrebbe aspettare il verdetto. Ma se per sua disgrazia la Corte stabilisse che fu sacrosanto dichiararlo decaduto e incandidabile, beh, sai che figuraccia. Per cui i più ansiosi tra i “berluscones” guardano come un oracolo all’avvocato Niccolò Ghedini. Il quale attende notizie dal team di avvocati internazionali che, interpellati su come finirà a Strasburgo, rispondono tipo Sibilla Cumana: potrebbe andare bene, ma anche no. Meglio non puntarci troppo. Il risultato? Berlusconi e i suoi non demonizzano più l’ipotesi di votare prima della sentenza europea, attesa in autunno. A questa novità, da qualche giorno se n’è aggiunta un’altra, che tocca la riforma elettorale.

 

Il «Piano B»

Gli strateghi del Cav sono tutti convinti che la proposta Pd, metà maggioritaria e metà proporzionale, sarebbe mortifera per un partito come Forza Italia. Finora l’assalto renziano è stato respinto, ma solo perché alla Camera il capogruppo «azzurro» Renato Brunetta è riuscito a fare fronte comune con Mdp e Cinquestelle. Però urge un «Piano B». Ecco affacciarsi l’idea che, per non correre il rischio di ritrovarsi una legge elettorale pessima, forse sarebbe meglio votare in fretta, con il sistema proporzionale ritagliato dalla Consulta.

 

Mentre questi interrogativi si moltiplicano, è tutto un viavai di personaggi mai venuti allo scoperto, che trovano udienza tanto ad Arcore quanto a Rignano sull’Arno. Stanno tentando di convincere Berlusconi che Renzi, in fondo, delle alchimie sulla legge elettorale non è minimamente appassionato. A Matteo interessa solo cogliere l’attimo giusto per battere i Cinquestelle; e quella finestra di opportunità potrebbe aprirsi all’indomani delle elezioni in Germania, fissate il 24 settembre prossimo. Ecco insomma rispuntare l’ipotesi del baratto, già circolata mesi fa: voto in ottobre, come piacerebbe a Renzi, in cambio della garanzia che si andrebbe alle urne col sistema proporzionale, secondo i desideri del Cav. Il quale proprio ieri, presentando il movimento animalista della Brambilla, ha definito per la prima volta «possibili» le elezioni in autunno, sebbene lui le preferisca a naturale scadenza: «La cosa più importante è che si arrivi a una legge elettorale condivisa». E si è speso in difesa tanto di papà Renzi, quanto della famiglia Boschi: «Sono assolutamente contrario a tutto ciò che sta accadendo, con me hanno usato tutti questi strumenti».

Ultimo indizio che qualcosa sta maturando: dopo anni di catalessi, Forza Italia di colpo ha ricominciato la campagna acquisti tra gli alfaniani, ventre molle della maggioranza in Senato. Per dare una mano a Renzi, casomai ci fosse da staccare la spina alla XVII legislatura? Chissà.

LA STAMPA

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