Padania addio, la Lega adesso è il partito personale di Salvini
ILVO DIAMANTI
Domenica a Parma, si è svolto il congresso della Lega. Ha ratificato il risultato delle Primarie della domenica precedente, (stra)vinte da Matteo Salvini, con oltre l’80% dei voti. È la fine della Lega di Bossi, che da domenica, nel partito, non può essere considerato neppure il “Padre nobile”. Nonostante abbia rivendicato, con orgoglio: “la Lega l’ho fondata io”. Sollevando le proteste di una parte della platea leghista, che l’ha fischiato, inducendolo a chiudere l’ intervento. A Parma, anche per questo, si è concluso il percorso della Lega Padana. Della Lega Nord. La quale, ormai da tempo, non è più un “partito di massa”. Radicato e organizzato sul territorio e nella società. Nel Nord. Alle stesse Primarie, questa volta, la partecipazione è calata, rispetto al 2013: da (circa) 10 mila a (circa) 8 mila soci e militanti.
Un partito personale La Lega è divenuta, invece, un “partito personale”, ben raffigurato dalla denominazione “Noi con Salvini”, adottata nel Centro-Sud. Questa definizione è stata ribadita una settimana fa dalle primarie. Che Umberto Bossi ha commentato in modo acido. “La Lega è morta”. Anche Roberto Maroni, governatore della Lombardia, che, pure, ha sostenuto, a suo tempo Salvini, ora appare più distante. Distinto. D’altronde, è difficile per loro accettare un soggetto politico che li ha spinti in una posizione sempre più marginale. Dopo esserne stati, a lungo, i leader. Tuttavia, la loro “emarginazione” è una conseguenza inevitabile del cambiamento che essi stessi hanno denunciato: questa Lega non è più quella di una volta. Non è più la “loro” Lega. Perché Salvini ne ha modificato profondamente natura e identità. L’ha, come si è detto, personalizzata. Oggi è LdS. La Lega di Salvini. Il Partito del Capo, che volge lo sguardo oltre il Po. Non per caso, due anni fa ha manifestato in Piazza del Popolo, proprio a Roma. Ieri “ladrona”, ora baricentro del Paese. Due mesi fa, inoltre, Salvini si è recato a Napoli (fino a ieri associata al “colera”). Accolto da violente contestazioni. Oggi, però, la Lega di Salvini rifiuta i confini, che hanno costituito a lungo il fondamento della sua identità. Territoriale. Non per caso, a Mantova, il segretario ha sostenuto che la battaglia della Lega “adesso è a livello nazionale, da Nord a Sud”. E ha promesso (minacciato…): “Tornerò a Palermo, all’Aquila, in Puglia e in Calabria, solo così l’Italia può vincere”. L’Italia, appunto. Non più la Padania. E neppure il Nord.
La presenza nelle regioni rosse Anche perché, di fatto, la Lega ha allargato ed esteso le basi del suo consenso. Secondo le indicazioni dei sondaggi (Demos per Repubblica) condotti nel 2017, infatti, è stimata intorno al 13%. Al pari di Forza Italia. La Lega: oggi appare forte e radicata nel Nord Ovest e ancor più nel Nord Est. Ma mostra una presenza ormai solida anche nelle regioni – un tempo “rosse” – dell’Italia centrale, dove supera il 13,5%. E, soprattutto, va oltre il 10% nelle Regioni del Centro Sud. Mentre nel Mezzogiorno e nelle Isole scavalca l’8%. Questa trasformazione appare più evidente se osserviamo l’ampiezza del consenso “personale” ai principali leader. Salvini, infatti, fra gli elettori, dispone di un grado di fiducia molto ampio. Intorno al 35%. Superiore di circa 10 punti rispetto a Maroni, nel 2013, quand’era segretario federale. E a Umberto Bossi, nel 2008, che diverrà ministro delle riforme istituzionali nel quarto governo Berlusconi. La distanza tra Salvini e chi l’ha preceduto, però, appare evidente e profonda soprattutto “oltre il Po”.
Meno nordista e più nazionale Nelle regioni dell’Italia centrale e del Centro-Sud, infatti, la fiducia verso Salvini si avvicina al 40%, come nel Nord. E scende solo nel Sud e nelle Isole, dove, comunque, raggiunge quasi il 30%. Egli è, dunque, molto più popolare del partito. E utilizza, per questo , la propria immagine non solo per trainare i consensi “della” Lega, ma anche il proprio consenso “nel” partito. D’altra parte, è un leader mediale, iper-attivo sul Web e sui Social Network. E iper-presente sugli schermi, sui giornali e nelle riviste. Non solo di informazione “politica”. Ma anche sulla stampa pop. Un “invitato speciale” dei talk tv, perché alza gli ascolti. Visto che è aggressivo e svelto, nel linguaggio. E utilizza argomenti particolarmente “interessanti” e popolari. In primo luogo, la paura e le paure. Verso la criminalità e verso gli immigrati. Verso gli immigrati e gli stranieri (criminali). E la paura, si sa, fa ascolti. La Lega di Salvini, dunque, è diversa del passato. Meno nordista e più nazionale. La Ligue Nationale, l’ho definita, da tempo, per assonanza con Il Front National di Marine Le Pen. Della quale Salvini è amico, ma anche alleato, in ambito europeo. O meglio: anti-europeo. Salvini: ha condotto la sua Lega nella grande famiglia dei populismi anti-europei. Perlopiù, di Destra. L’elettorato leghista ha, coerentemente, modificato i suoi orientamenti politici, negli ultimi 10 anni. Ma soprattutto dopo l’affermazione di Salvini. In particolare: si è spostato a Destra (quasi 40%). Mentre fino a 4 anni fa era ancora prevalentemente di Centro-destra.
I rapporti internazionali Sul piano “internazionale”, manifesta simpatia per Trump e per Putin, ma anche (in misura molto superiore alla media) per Marine Le Pen. Mentre appare più fredda verso Macron e ostile verso la Merkel. Dunque, una Lega anti-tedesca e anti-europea. Attratta dai nuovi “populismi” globali. La Lega, dunque, oggi è un soggetto politico personale, posizionato nel campo di Destra. Per questo, il suo elettorato si sente vicino ai Fd’I oltre che a FI. È, inoltre, in competizione con il M5s, che le ha sottratto spazio nella protesta anti-sistema. Così, Bossi e lo stesso Maroni hanno ragione di non riconoscersi nella Lega di Salvini. Che si è allontanata dalla storia scritta da loro. Tuttavia, non è solo la Lega ad essere cambiata. È l’Italia. (Insieme al mondo). Sul piano elettorale, infatti, il M5s, nel 2013 e il Pd(r), nel 2014, hanno raccolto consensi omogenei nel Paese. D’altronde, le “zone rosse” sono divenute instabili, quelle bianche hanno cambiato colore più volte. L’Italia politica, insomma, è divenuta “incolore”. La Lega di Salvini si è adeguata. Il rischio che corre è divenire anch’essa “incolore”.
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