Nella spiaggia segreta di Tulum, per i Maya una porta per l’Aldilà

noemi penna

Tulum, in Yucatan, è un famoso e bellissimo sito archeologico messicano che racconta le lontane storie dei Maya. E’ l’unico a trovarsi sulla riva del mare ma qui non ci sono grandi catene alberghiere o centri commerciali: ogni struttura deve rispettare l’ambiente e preservare le sue spiagge incontaminate, sopra e sotto terra.

 

 

Sì, perché la vera particolarità di questo posto è che si possono praticare sport acquatici a decine di metri sotto il livello del mare, nei «Cenotes»: piscine naturali di acqua dolce, considerate sacre dai Maya, i quali credevano rappresentassero la porta d’accesso per l’Aldilà. Il più vicino è Cenote Dos Ojos, ossia il Cenote dai “due occhi” perché nel complesso ci sono due piscine, una blu e tersa, l’altra scura e caveronosa. Ed è soprattutto quest’ultima particolarmente affascinante perché è possibile fare snorkelling in assenza di luce.

 

 

L’elenco dei Cenotes in zona è molto lungo: dal Cenote Azul e il Cenote Ponderosa (vicino a Playa Del Carmen) al Cenote Yokdzonot (vicino a Chichén Itzá), dal Cenote Cenote Samulá (vicino a Valladolid) alle Grutas de Loltun (vicino a Chichén Itzá).

 

Caverne sotterranee circondate da stalattiti, con acque poco profonde dove si possono vedere il pesciolini d’acqua dolce che lì vivono. Dentro è tutto buio e l’acqua cristallina è visibile solo grazie alla fioca luce che filtra dalle rocce calcaree del soffitto.

 

 

La penisola dello Yucatan è interamente formata da roccia calcarea. L’acqua l’ha erosa, insinuandosi in profondità e creando magnifici paesaggi sotterranei. E in questa piscina – diventata negli anni un sito turistico, con ingresso a una manciata di pesos, a cui possono accedere un numero limitato di persone contemporaneamente – è presente una sorta di passerella con piattaforma circolare che si trasforma in palco per spettacoli di musica e danza Maya. Un tuffo nelle antiche tradizioni messicane, con i pesciolini fra i piedi e un tetto megalitico sulla testa.

 

LA STAMPA

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