L’ombra che segue Trump
di VITTORIO ZUCCONI
Per quanto veloce tu possa correre, per quanto lontano tu possa andare, non potrai mai sfuggire alla tua ombra. E le ombre che dal primo giorno del suo insediamento accompagnano Donald Trump lo hanno raggiunto anche nel suo pomposo svolazzare fra Medio Oriente, Bruxelles, Roma e Taormina. Lo ha raggiunto l’ombra del Russiagate, quella inchiesta ormai divenuta formale attraverso la nomina di un Procuratore Speciale, con la notizia uscita giovedì notte che il genero Jared Kushner, colui che accompagna ovunque il Presidente ed è la persona più influente alla Casa Bianca, è “persona d’interesse” nelle indagini, per incontri con emissari russi, sia di governo che privati (distinzione spesso priva di alcuna differenza nella Russia della cleptocrazia putiniana) nelle settimane di transizione fra Obama e suo suocero.
Kushner non è formalmente indagato nè sospettato, ma finora nessuno dei “pezzi da novanta” della Casa Bianca era stato formalmente raggiunto dall’inchiesta. E il fatto che uno dei russi con i quali si è visto sia un banchiere di Mosca, dunque una persona che non avrebbe alcuno motivo diplomatico e ufficiale per arrivare tanto vicino al Presidente eletto, riporta un altro classico dei grandi “affaires” poitico giudiziari americani: i soldi. Come già sussurrò “Gola Profonda” ai cronisti del Washington Post che nel 1973 cercavano di arrivare a Nixon, “follow the money’, seguite sempre la pista del danaro per arrivare alla verità.
Kushner, il marito della diletta Ivanka, è un milionario senza nessuna esperienza di amministrazione pubblica, padrone di decine di migliaia di appartamenti popolari affitati a quegli americani “dimenticati” che le sua società spremono fino all’ultimo centesimo, come ha rivelato una minuziosa inchiesta del New York Times con nomi e cognomi e sentenze. Nel gergo degli oppressi è uno “Slumlord”, un signore delle topaie che rendono fortuna a chi le sfrutta senza scrupoli.
Mentre il tarlo del Russiagate ricominciava a rosicchiare, un’altra Corte d’Appello, questa volta in Virginia, non nella “California di Sinistra” o nella West Coast “liberale” stronca per l’ennesima volta quei tentativi Trumpisti di discriminare sull’ingresso di viaggiatori con visti regolari – attenzione, non “clandestini” – il cosiddetto “Muslim Ban”. Con un voto schiacciante di dieci a tre, i magistrati hanno deliberato che: “L’autorità delPresidente non può essere incontrollata quando, come in questo caso, il Presidente la esercita attraverso un editto esecutivo che causa danni irreparabili a persone”. Sottolineo quella parola che dice tutto: “Editto”. Il Presidente, gli stanno dicendo tribunali dopo tribunali, non è un imperatore che possa governare per editto.
Quando, nelle prossime ore, Trump avrà finitò di pavoneggiarsi sulla scena internazionale, di fare gaffe, di atteggiarsi a bullo magari con leader di nazioni marginali come il Montenegro, il premier che lui ha spintonato via a Bruxelles per essere in prima fila nella foto, scoprirà, rientrando a Washington che la sua ombra lo ha fedelmente seguito. E tutta la retorica e la pomposità dei sempre più inutili “summit’ non ha potuto, come era previsto, scollargliela di dossa. Nessuno può sfuggire alla propria ombra.
REP.IT