Terrorismo, profughi, clima, globalizzazione: i temi che dividono i 7 Grandi

Dal nostro inviato FEDERICO RAMPINI

I temi principali di questo G7 sono anche quelli sui quali si misurano le distanze maggiori tra gli Stati membri, accresciute dall’avvento di due leader come Donald Trump e Theresa May, eletti di recente sull’onda dei populismi anti-globali.

TERRORISMO.
La strage di Manchester incombe su Taormina e innalza questo tema al primissimo posto. Ma il G7 si apre poche ore dopo la “ferita” grave nei rapporti tra le polizie e le intelligence di Stati Uniti e Regno Unito. Se perfino loro litigano… Sta di fatto che la storia del terrorista anglo-libico Salman Abedi è un’ennesima prova di fallimento di polizie, magistrature, servizi segreti. Gli strumenti per una cooperazione e scambio di notizie più efficaci ci sarebbero, anche se le sedi multilaterali più abilitate sonno altre (Interpol, Nato, Unione europea). Dal G7 possiamo aspettarci nuove promesse, appelli ad un coordinamento più stretto per la prevenzione e repressione del terrorismo, ma è un copione che abbiamo già visto. Con magri risultati finora.

PROFUGHI.
Si tratta di un tema ben distinto dal precedente, anche se Donald Trump tende spesso a farne un amalgama. Quando sente parlare di profughi nel Mediterraneo, inevitabilmente il suo discorso scivola verso il tema del terrorismo islamista. Nel bilaterale di Roma con Gentiloni mercoledì 24, il presidente americano ha espresso comprensione per le pressione che l’Italia subisce in conseguenza dell’arrivo di rifugiati. Molto più della comprensione non c’è da aspettarsi. Trump ha ribadito più volte che non intende impegnarsi in Libia. La mancanza di solidarietà europea non è un problema suo; e comunque lui non dà certo il buon esempio avendo dimezzato il contingente di profughi siriani che l’America è disposta ad accogliere (già molto ridotto ai tempi di Obama).

CLIMA.
“Deciderò al mio ritorno in America”, così Trump continua a rispondere a chi lo pungola sugli accordi di Parigi. Lo ha detto al papa, lo ha ribadito a Macron. E’ la sua linea ufficiale fin da quando partì per questo suo primo viaggio all’estero: “Ascolterò quel che hanno da dirmi gli europei, poi deciderò”. Sul piano formale è una posizione comprensibile: di fronte a un elettorato di destra che è negazionista sul cambiamento climatico, e soprattutto diffida delle istituzioni sovranazionali, Trump non vuole certo dare l’impressione di piegarsi ad una pressione esterna durante un G7 in terra straniera. Meglio decidere in America, al suo ritorno. Sugli accordi di Parigi alcuni consiglieri (Ivanka) lo spingono ad evitare il gesto estremo. Ma è tattica, diplomazia delle apparenze. Quand’anche l’America non ripudi formalmente quell’accordo (che peraltro non prevede sanzioni) Trump ha già fatto una retromarcia sostanziale su tutto: ha eliminato restrizioni alle emissioni carboniche di auto e centrali, ha liberalizzato le trivellazioni anche in aree naturali protette, ha autorizzato la costruzione di nuovi oleodotti. La retromarcia rispetto ad Obama, la rivincita della lobby petrolifera, è così evidente che lo Stato della California (governato dai democratici e con un’antica tradizione ambientalista) sta facendo una sua “secessione di fatto” per rispettare in proprio la sostanza degli accordi di Parigi.

GLOBALIZZAZIONE.
Qui si assiste a un clamoroso rovesciamento delle parti. L’asse anglo-americano, da cui partì la rivoluzione neoliberista ai tempi di Reagan-Thatcher negli anni Ottanta, oggi è alla punta nel ripiegamento nazionalista con Trump-May. Viceversa la bandiera del globalismo in sede al G7 viene impugnata dalla vecchia Europa continentale: l’asse Merkel-Macron che qui a Taormina avrà il suo battesimo di fuoco, con l’appoggio convinto di Gentiloni. Germania e Italia, nazioni esportatrici, sentono di avere molto di più da perdere se avanza il protezionismo. Trump ha moderato certi suoi propositi della campagna elettorale, per adesso non c’è all’orizzonte una vera e propria guerra commerciale. Però è cominciata una sorta di era glaciale della globalizzazione: il trattato Tpp con l’Asia-Pacifico è stato accantonato dall’Amministrazione Trump, il Ttip con l’Europa era già su un binario morto, mentre in sede al Wto si moltiplicano ricorsi anti-dumping. La vera potenza globalista comunque è diventata la Cina col suo progetto della Nuova Via della Seta, e il forum dove avrà modo di affermare le sue aspirazioni alla leadership è il G20 di Amburgo il 9 luglio.

REP.IT

 

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