Il grande errore delle elezioni anticipate

MARIO CALABRESI

Le elezioni anticipate sono sbagliate, sarebbero un errore pericoloso e una mossa sconsiderata. Eppure stanno prendendo quota in questi giorni, tanto da non essere più da considerarsi come un gioco di immaginazione ma come una possibilità reale. Chi le vuole ha già cominciato a diffondere una seducente narrativa, che parla la lingua dell’efficienza e del buon senso. La tesi fatta circolare in queste ore dai fautori del ricorso alle urne suona più o meno così: «Cosa può fare realmente questo governo? Non vedete che è ormai paralizzato e senza spinta propulsiva e con una maggioranza sempre meno unita? Meglio votare subito per dare un nuovo esecutivo capace di rilanciare il Paese». C’è sicuramente del vero in questa posizione ma le cose non sono così semplici e lineari e soprattutto non si prendono minimamente in considerazione le conseguenze del gesto.

Votare subito significherebbe sciogliere le Camere quest’estate, fare le liste e cominciare la campagna elettorale prima ancora che riaprano le scuole, ma soprattutto rinviare l’approvazione della manovra. Quest’ultimo dato è cruciale e non può essere sottovalutato. Con le elezioni a ottobre non riusciremmo ad avere un Parlamento nel pieno delle sue funzioni prima di novembre e con l’attuale frammentazione partitica (che ci regalerà perlomeno cinque aree politiche) la formazione di un governo, ma prima di tutto di una maggioranza, sarà operazione complicatissima se non quasi impossibile.

Pensare che in queste condizioni si sia in grado di approvare una legge di bilancio è un pericoloso azzardo. Non approvare la manovra significa andare all’esercizio provvisorio e questo vuol dire mandare un messaggio forte e chiaro al mondo e agli speculatori: l’Italia ha non solo il debito pubblico più alto di tutta Europa ma quest’anno non indica nemmeno cosa vuole fare con i suoi conti. La prima conseguenza certa sarebbe l’entrata in vigore delle cosiddette clausole di salvaguardia, a partire dall’aumento automatico dell’Iva al 25 per cento.

Molti indicatori mostrano finalmente i segni di una ripresa (certamente debole e insufficiente se paragonata al resto del Continente), lo si legge nelle richieste di prestiti per investimenti fatta dalle aziende così come nella crescita dei mutui per comprare case. L’aumento dell’Iva avrebbe l’effetto immediato di tornare a gelare i consumi, con conseguenze depressive. Teniamo poi conto del fatto che sembra ineluttabile un disimpegno della Banca centrale europea negli acquisti di titoli di stato, cosa che da sola stimolerà un incremento dello spread. Sommare questi ingredienti ci porta su una strada pericolosa, dalle conseguenze imprevedibili e, pur senza evocare l’arrivo della Troika a commissariarci, possiamo ben dire che sarebbe una mossa sconsiderata.

Abbiamo bisogno di tutto questo? Abbiamo bisogno di una accelerazione innaturale dettata prima di tutto dalla necessità di tornare sulla scena, in un abbraccio francamente imbarazzante, di Renzi e Berlusconi?
L’Italia ha bisogno di normalità, non di emergenza, non di ulteriori rotture e accelerazioni. La scadenza naturale è già alle porte, la legislatura finirà a febbraio dell’anno prossimo, si può e si deve votare all’inizio della primavera, in quella stagione in cui lo si è sempre fatto nella nostra storia. Non è certo una questione di tradizioni, è una questione di sana prudenza e di senso di responsabilità.

Di fronte al richiamo alla prudenza si potrebbe rispondere portando l’esempio britannico: Theresa May ha indetto nuove elezioni all’improvviso, senza troppi riti e tentennamenti. Ma in quel caso l’intenzione è di confermare una maggioranza che c’è già, sperando di rafforzarla per darle l’autorità necessaria ad affrontare le trattative per l’uscita dall’Europa. Da noi si tratta invece di accelerare la rincorsa per un salto nel buio.
Dobbiamo allora rassegnarci a vivere nella palude e trascinarci stancamente fino all’inizio del prossimo anno? No. Questi mesi di fine legislatura potrebbero invece essere preziosi, si potrebbe con buon senso sfruttarli per portare a termine una serie di riforme necessarie. Si potrebbe provare a uscire dalla palude approvando quei provvedimenti che sono in attesa di un voto finale, si va dalla cittadinanza ai ragazzi nati in Italia da genitori stranieri, una saggia risposta di inclusione in tempi di paure e terrorismo, alle liberalizzazioni, alle norme sul fine-vita, alle riforme su prescrizioni dei processi e regole delle intercettazioni fino all’inserimento nel nostro ordinamento del reato di tortura.

E dovrebbe essere il tempo per preparare un programma politico degno di questo nome. Che idee hanno il partito democratico e il suo segretario per il futuro dell’Italia? Su che basi pensano si possa costruire una grande coalizione? Oggi è tutto nebuloso, indistinto, e le elezioni anticipate, o forse sarebbe più giusto chiamarle “elezioni accelerate”, sembrano un modo per non chiarire posizioni e alleanze, ma solo per sottoporre ai cittadini un nuovo referendum: volete me o Grillo? Una sorta di rivincita sul referendum costituzionale con la speranza che funzioni anche in Italia l’effetto Macron.

Nello stesso tempo non abbiamo chiaro cosa vogliono i 5 Stelle. Sappiamo che propongono di non rubare e non è poco, ma questo non è un programma politico: è una precondizione necessaria. Ma che intenzioni hanno sull’euro, l’Europa, l’immigrazione, le politiche sociali, le alleanze internazionali? Abbiamo il diritto di saperlo prima di andare alle urne, così come abbiamo il diritto di conoscere il nome del candidato premier. C’è già sufficiente oscurità in un movimento che è guidato da un blogger, che resta chiuso in casa sua e rifiuta ogni rito democratico di confronto, e da una società inaccessibile di consulenze informatiche.
E poi chi è Berlusconi oggi, cosa vuole: intende tornare a sottoscrivere un patto con la Lega oppure si è inventato una nuova vita da spalla di Renzi e del Pd?

E Pisapia? Come si riorganizzerà e con quali idee e prospettive l’area che sta a sinistra del Pd?

Sono risposte necessarie, fondamentali per provare a costruire una legislatura che non sia l’ennesima occasione sprecata. I cittadini hanno diritto ad essere informati e poter esprimere un voto consapevole. L’unica cosa decente e preziosa che possiamo augurarci è di sottrarci all’ordalia. Non abbiamo voglia di una resa dei conti fatta sulla nostra pelle.

REP.IT

Rating 3.00 out of 5

No Comments so far.

Leave a Reply

Marquee Powered By Know How Media.