L’ira di Alfano, Renzi lo liquida Fiducia sui voucher (senza Mdp)
Nel giorno in cui la legge elettorale prende forma nero su bianco e la maggioranza si sgretola, con buona dose di cinismo politico Renzi mette fine alla favola di Alfano: «Se sei stato 5 anni al governo, hai fatto il ministro di tutto e non prendi il 5% alle elezioni, non è che possiamo fermare tutto…». E allora avanti, fingendo di non sentire i mugugni dei suoi parlamentari, che emergono a sera nell’assemblea dei deputati, in allarme per un sistema in salsa tedesca che rimescola le aspettative di ciascuno: «Io sono fiducioso. Se la legge non passa, si va a votare col Consultellum, dove lo sbarramento e all’8%». D’altronde, rivela Renzi, Berlusconi al telefono «mi aveva chiesto il 6%…».
Ap in rivolta
Articolo 1-Mdp e i centristi dell’Udc non votano la fiducia sui voucher (315 sì, 142 no, cinque astenuti). Uno strappo che mette a rischio la sopravvivenza del governo al Senato, dove l’onda del no al voto si gonfia ogni giorno di più. Alternativa popolare è in rivolta. Gli alfaniani si riuniscono e cercano una via d’uscita dal cul del sac in cui, accusano i renziani, si sono infilati dicendo no al Rosatellum. «Che strada abbiamo — si interroga Maurizio Lupi — se non entrare da indipendenti nelle liste di Forza Italia o del Pd, magari in un collegio che non funziona?».
Renzi: «Non è accettabile veto dei piccoli partiti»
In Transatlantico è il panico. Tra speranza e paura i peones (anche renziani) compulsano le bozze del maxiemendamento. Tanti orlandiani si chiedono quanti posti il segretario voglia concedere alla minoranza. Renzi intanto inaugura #OreNove, la rassegna stampa condotta dai big del Nazareno. A sera, si accomoda nel salotto tv di Bruno Vespa. Contro Alfano, Renzi va giù duro: «Ho come l’impressione che abbiano paura di non tornare in Parlamento… Mi dispiace, ma non è accettabile il veto dei piccoli partiti». Una bacchettata che innesca il botta e risposta tra ormai ex alleati. Alfano, che per ora non esce dalla maggioranza, rimprovera a Renzi di aver staccato la spina a tre governi a trazione Pd, poi attacca: «Insulta, ma fa cadere Gentiloni o no?». E sul 5%: «Con Matteo ne parleremo in Parlamento la prossima legislatura, perché ho l’impressione che ci rivedremo…».
In difesa dell’accordone
L’ex premier difende l’accordone e sul 5% non molla. È convinto che il sacrificio di dare al Paese una legge che «è un passo indietro» può pacificare l’Italia. Le larghe intese? Il rischio c’è, ammette: «Può esserci mancanza di maggioranza, come in Germania. Io spero che diano fiducia al Pd, se non sarà così, bisognerà vedere i numeri in Parlamento». Smentisce di volere le urne in autunno per proprio tornaconto e ricorda che il tema della data dipende dal tipo di legge di Bilancio che il governo vorrà fare: «Teoricamente si può votare a ottobre, succede in Germania e in Austria e non si rischia l’esercizio provvisorio». Poi, per tranquillizzare Quirinale e mercati, allunga lo sguardo fino al 2018: «Si può votare anche in primavera». E a chi invoca un decreto a luglio dice che è «terrorismo psicologico, una barzelletta». Infine , un buffetto al «bravo ministro Calenda («lo accoglieremmo volentieri nel Pd») e per lodare la sua nuova segreteria. Debutterà oggi e «per la prima volta», rivendica Renzi, «non sono entrate le correnti».
CORRIERE.IT
This entry was posted on giovedì, Giugno 1st, 2017 at 08:04 and is filed under Politica. You can follow any responses to this entry through the RSS 2.0 feed. You can skip to the end and leave a response. Pinging is currently not allowed.