Resa di Alfano: con il Pd è finita. Scontro con Renzi sul governo
Sono ormai separati in casa, il matrimonio politico tra Matteo Renzi e Angelino Alfano si è logorato nel giro di un paio di settimane, il tempo che è stato necessario a far maturare un’intesa sul sistema tedesco tra democratici, Fi e M5s. Dopo le schermaglie dei giorni scorsi, ieri è stato il momento della rottura ufficiale, senza ritorno. I centristi accusano il segretario Pd di averli traditi, si preparano ad una campagna elettorale dura, con uno sbarramento al 5% che potrebbe davvero lasciarli fuori dal Parlamento, e scaricano una bomba contro Renzi. Se ne incarica Sergio Pizzolante, deputato di Ap: «Renzi da febbraio ci chiede di far fuori Gentiloni…». Una rissa tra i due principali partiti della maggioranza che rende ancora più complicato immaginare di arrivare alla fine della legislatura e che, però, dà l’opportunità a M5s, divisa sul tedesco, di rimettere in discussione l’accordo sulla legge elettorale.
Alfano riunisce all’ora di pranzo la direzione del suo partito per fare il punto e, subito dopo, convoca i giornalisti: «Ritengo conclusa la collaborazione con il Pd, la nostra fedeltà è stata mal ripagata. Renzi dica se vuole far cadere anche questo governo.
Noi saremo leali». Il ministro degli Esteri, poi, rispondendo ai giornalisti conferma le parole di Pizzolante: «Non lo smentisco, è persona seria e non dice bugie». In ogni caso, assicura, Ap non presenterà emendamenti contro lo sbarramento al 5% e non farà «ostruzionismo» sulla legge elettorale. L’obiettivo è quello di organizzarsi, ovvero radunare tutte le forze di centro, per provare ad evitare la tagliola che Pd, Fi e M5s hanno inserito nella bozza di legge elettorale simil-tedesca in discussione alla Camera.
La reazione di Renzi arriva di lì a poco, ed è velenosa: «Capisco il loro nervosismo, se sarà approvata legge elettorale i piccoli partiti non rientreranno in Parlamento… Quanto a far cadere il governo io ho fatto cadere il mio di governo: mi sono dimesso. Invece, quelli del partito di Alfano la parola dimissioni, lasciare la poltrona, non la conoscono benissimo». Il segretario ripete che a lui «non interessa la data del voto», come ha detto anche al Quirinale ai giornalisti, durante il ricevimento per la festa della Repubblica. Renzi, però, su un punto non transige: la legge di bilancio, chiunque la faccia, deve garantire la crescita. Il leader Pd pone una condizione al governo: bisogna andare a Bruxelles a trattare margini di flessibilità, i democratici non avalleranno misure che soffocano la crescita.
Le accuse dei centristi, però, scatenano M5s, che pare tentato di rimettere in discussione l’intesa sulla legge elettorale. Dice Luigi Di Maio: «Uno scenario eversivo e inquietante. Questo emerge dalle parole degli esponenti alfaniani quest’oggi. È insopportabile avere il Paese sotto ricatto di Alfano e di Renzi. Renzi è un personaggio pericoloso». Un affondo che in casa Pd si guarda con sospetto, il timore è che l’ala di M5s contraria all’accordo sulla legge elettorale possa prevalere. Dice Matteo Richetti, portavoce della segreteria: «Non possono scaricare la competizione al loro interno sul nostro senso di responsabilità». Renzi sa che la legge elettorale è ancora a rischio, senza M5s al Senato i numeri sono in bilico, anche se il premier ai suoi dice: «Voglio vedere ora come spiegano che si tirano indietro…». Se però saltasse tutto, aggiunge Renzi in privato, «si certificherebbe che c’è solo una forza politica che si carica su di sé la responsabilità, il Pd. Ma così non si può mica…».
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