Visti, si indaga su 15 anni di vita (anche social)
Controlli. E ancora: «Non esitare a rifiutare gli ingressi». Parole d’ordine dell’amministrazione Trump.
Controllare le frontiere, per proteggere il Paese, per tutelarne i cittadini. Dal 23 maggio scorso il governo federale ha approvato nuove disposizioni che rafforzano i controlli delle persone che entrano negli Usa tramite un nuovo questionario per chi fa domanda per visti in America da tutto il mondo. Secondo la normativa, ora i funzionari consolari possono richiedere anche tutti i numeri dei precedenti passaporti del viaggiatore.
C’è quindi un nuovo questionario da sottoporre alle persone che richiederanno, in tutto il mondo, il visto d’ingresso; tra le novità, come previsto, la richiesta di inserire le informazioni sulla propria presenza sui social media negli ultimi cinque anni e le informazioni biografiche relative agli ultimi 15 anni, inclusi indirizzi di residenza, impieghi e viaggi effettuati. Il nuovo questionario è stato approvato dall’Office of Management and Budget, ovvero l’ufficio per la gestione e il bilancio.
Il Dipartimento di Stato ha specificato che i controlli più accurati saranno riservati in particolare ai richiedenti che suscitano preoccupazioni legate «al terrorismo e, in generale, alla sicurezza nazionale». Un rafforzamento dei controlli era già previsto dall’ordine esecutivo firmato dal presidente Donald Trump che prevedeva anche il divieto di ingresso dei cittadini di sei Paesi a maggioranza musulmana, il cosiddetto «Muslim ban», bloccato dai tribunali, i dati indicano che le autorità Usa ad aprile hanno rilasciato quasi il 20 per cento in meno di visti di ingresso per i cittadini provenienti da una cinquantina di Paesi arabi o islamici, rispetto allo stesso mese del 2016. Lo riporta Politico, sottolineando che se si prendono in esame solamente i Paesi arabi, la diminuzione dei visti di ingresso arriva quasi al 30 per cento.
Molte le critiche che stanno già emergendo per quest’ultimo giro di vite sui controlli. Secondo molti queste disposizioni sono eccessivamente gravose e porteranno a lunghi ritardi nell’elaborazione dei permessi, oltre a scoraggiare studenti e scienziati stranieri dal recarsi negli Stati Uniti. Il Dipartimento di Stato, invece, ha spiegato che i funzionari chiederanno ulteriori informazioni nei casi in cui queste siano «necessarie per confermare l’identità del soggetto o condurre un rigoroso controllo sulla sicurezza nazionale».
IL GIORNALE