Costruiscono il fucile che li impallinerà

Michele Ainis

L’XI legislatura (1992-1994) è stata 
la più breve della storia repubblicana: 722 giorni, un record negativo. 
Ma la prossima legislatura promette 
di fare molto meglio, pardon, peggio. Quale maggioranza, quale governo, quale presidente del Consiglio dovrebbe garantirne la sopravvivenza? Il partito più robusto è quello del non voto, giacché l’astensionismo elettorale cresce a ogni elezione. La truppa coraggiosa dei votanti continua a dividersi per tre, assegnando un 30 
per cento dei consensi al centro-destra, al Pd, ai 5 Stelle. Dopo di che rimangono frattaglie, centristi e centrini, ultradestre e postsinistre.

Dice: tanto ne verremo fuori con un governo Renzi-Berlusconi, la grande coalizione. Grande? I vari istituti di sondaggio attribuiscono a questa formula politica 326 seggi alla Camera, nel migliore dei casi; una decina in più rispetto al minimo sindacale. Arduo governare, quando una manciata 
di franchi tiratori ti tiene sotto tiro. Dovrebbero pensarci fin da adesso, 
i nostri beneamati leader; ma loro no, sono troppo impegnati a costruire il fucile da cui verranno impallinati. Quale? La legge elettorale, anche se fin qui le leggi sono una girandola, come i modelli proposti e stracciati dai partiti: Mattarellum, Provincellum, Rosatellum, infine il Tedeschellum.

D’altronde l’impresa è da titani, si tratta pur sempre di rimpiazzare quel monumento normativo dell’Italicum, l’unica legge elettorale al mondo gettata nel cestino dei rifiuti prima ancora d’essere applicata.

Nei primi anni Novanta c’erano le stragi di mafia al sud, un vento separatista al nord, Tangentopoli dovunque. Quella volta fu omicidio: la legislatura s’interruppe perché una nuova classe dirigente aveva preso il posto della vecchia, dopo i suoi fallimenti. Questa volta si tratta d’un suicidio. I leader politici hanno ormai deciso lo scioglimento anticipato, benché lo Stato rischi l’esercizio provvisorio del bilancio, benché il Parlamento prossimo venturo rischi di diventare un Vietnam. Già adesso si contendono il sipario 25 gruppi parlamentari fra Camera 
e Senato, figuriamoci domani, con 
il proporzionale sproporzionato 
che s’annuncia.

Sicché il finale di partita è già iscritto negli Annali: si voterà presto, si rivoterà prestissimo. Salvo miracoli (in Italia non si può mai sapere), la XVIII legislatura durerà quanto un battito di ciglia, 
e magari ci lascerà una sola lacrima: 
la riforma della riforma della legge elettorale. Nel frattempo sperimenteremo una crisi di governo permanente, con palazzo Chigi popolato dai fantasmi. Poco male, osserva tuttavia qualcuno. Dopotutto è già successo in Belgio, senza governo per 541 giorni, dopo le elezioni del 2010; 
e l’economia non ne risentì per nulla. Idem in Spagna, con due elezioni nell’arco d’un semestre, fra il 2015 
e il 2016. Risultato: crescita del 3,2 
per cento, tre volte l’Italia.

Insomma, si profila uno spettacolo inedito, una prima assoluta. Ma non è detto che andrà in scena una tragedia; forse sarà una commedia all’italiana. 
Un paio di vantaggi, d’altronde, sono chiari fin da adesso. 
Per gli elettori, specie per i più dubbiosi, quelli che si macerano nel dubbio della scelta: fine del dilemma, con un’elezione al mese potranno alternare i loro voti. 
E per le casse dell’erario, perennemente esangui come una fanciulla baciata 
dal vampiro: legislatura breve, 
niente vitalizi. Amen.

L’ESPRESSO

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