In tre contro una donna: il volto dell’islam
È solo disgustoso, non stupefacente, che i tre jihadisti dell’attacco di Londra si siano avventati con i loro coltelli sguainati, crivellandola di colpi, su una donna indifesa nella folla.
Una povera donna mai vista prima, certo, ma con due terribili difetti: il primo di essere occidentale, il secondo di essere una donna.
Il disprezzo per le donne l’abbiamo visto all’opera in mille forme, un uomo che si avventa su una donna riempiendola di botte e urlandole le peggiori cose esiste a tutte le latitudini e può essere cresciuto con qualsiasi ideologia. Ma la sessuofobia islamista insegna a vedere la donna come un essere inferiore, stabilisce che ci vogliono due donne per essere alla pari con la testimonianza di un uomo in tribunale, pratica per legge divina la poligamia che ormai ha invaso anche, in segreto molte capitali europee, spesso opera l’escissione, costringe la donna a una vita terribile, velata, nascosta, e sovente la travolge in una terribile morte. Tutto il mondo ricorda come la piccola Malala fu ritenuta degna di morire a 14 anni da un telebano che le sparò in testa (per fortuna la scampò) solo perché si era permessa di ambire a un’educazione;
tutti sanno che la condanna a morte per chi tradisca le leggi tribali della famiglia e desideri vivere a modo suo provenendo da un mondo islamico comportino sovente la pena del sangue approvata da tutta la famiglia, compreso, spesso, le madri assoggettati e obnubilate.
La donna porta nella sua carne il peggiore di tutti i peccati, la sessualità che è il segno del demonio: vedere una donna occidentale e avventarglisi addosso coi coltelli non è più grave dello stabilire che essa, come fanno gli uomini dell’Isis, può essere venduta e comprata a piacimenti, usata come schiava sessuale solo che sia una donna jazida o di altri culti: la ferocia del maschio islamista la rende meno di un oggetto, la trasforma in una proprietà che deve essere picchiata dal marito. Quanto può essere battuta è oggetto di discussione teologica, come lo è quanto sia abbassabile l’età infantile delle bambine costrette a sposare uomini adulti. Una terribile sfilata di signori vestiti da sposo ciascuno affiancato da una bambina vestita di bianco fu pubblicizzata qualche anno fa a Gaza, ed è un uso proprio di gran parte dell’universo islamico, in Asia e in Africa.
Una donna occidentale, che veste abiti che ne rendono visibile il corpo peccaminoso, che è libera di parlare con tutti, di dare la mano a chi incontra, di lavorare, persino di camminare da sola insieme al suo ragazzo o comunque al suo partner, che potrebbe persino non essere suo marito e a camminare con una sua mano su una spalla… Che cosa può esserci di più abominevole? Quale miglior boccone per un terrorista? Persino le donne terroriste suicide, come’è successo tante volte in Israele, vanno cariche di tritolo a farsi saltare per aria, ma sempre accompagnate da un uomo che ne controlli la castità fino all’ultimo istante. I tre terroristi non hanno agito diversamente da chi da una folla informe e spesso ridacchiante, getta pietre in Arabia Saudita su una sposa che sia stata ritenuta infedele. La jihad odia le donne, a meno che non possa usarle come pupattole dal corpo cancellato, destinate a riprodursi e a faticare in silenzio, a meno che non siano delle plagiate che si avviano come pecore al macello, come è accaduto a tre sorelle londinesi che si sono perse nel nulla della follia islamista in Siria. E viene sempre anche il momento in cui pagano le loro scelte.
Non solo l’Inghilterra deve decidersi a difendere ovunque le sue donne prima che la fobia islamica le attacchi, come è accaduto a Colonia e in tante altre città europee, ma tutto il mondo civile. La lotta a difesa delle donne è parte della guerra al terrorismo.
IL GIORNALE
This entry was posted on lunedì, Giugno 5th, 2017 at 14:37 and is filed under Editoriali - Opinioni. You can follow any responses to this entry through the RSS 2.0 feed. You can skip to the end and leave a response. Pinging is currently not allowed.