Intesa Sanpaolo alza i costi dei conti correnti. Rincari fino a 120 euro l’anno

di FLAVIO BINI

MILANO – Le prime comunicazioni sono partite intorno alla metà di maggio. Destinatari: molti correntisti delle banche del gruppo Intesa San Paolo. Quattro pagine, tabelle incluse, per annunciare una piccola rivoluzione per il settore bancario: dal primo agosto lasciare fermi i propri soldi sul proprio conto corrente avrà un costo. Anche, e soprattutto, per le opzioni a zero spese come Zerotondo che hanno fatto la fortuna dell’istituto negli anni passati. L’accelerazione è da supercar: da 0 a 120 euro l’anno in un battito d’ali: comunicazione il 10 di maggio, decorrenza dal primo di agosto. Piena estate.

Dietro c’è qualcosa di più dei micro-aumenti a cui tutte le banche hanno abituato i propri clienti in questi anni. Anche perché molti già versano dei canoni per i conti correnti, soprattutto quelli aperti molto tempo fa e mai cambiati.  La novità è nelle motivazioni che, come prevede la legge, le banche devono inserire nelle loro missive per giustificare  i rialzi applicati. “Negli ultimi anni – scrive l’istituto ai propri correntisti –  la discesa dei principali tassi di riferimento sul mercato addirittura in area negativa ha determinato un persistente impatto sfavorevole sull’attività di deposito, gestione e remunerazione della liquidità” e “tale impatto ha fatto venire meno l’equilibrio tra costo per la banca del servizio offerto e le condizioni economiche applicate ai conti correnti”. Tradotto: la politica monetaria di Draghi – e in particolare il tasso applicato dalla Bce per la liquidità in eccesso parcheggiata nei conti dell’Eutrotower, oggi negativo a -0,4% –   sta costando troppo alle banche e i costi vengono scaricati direttamente sui depositanti.

A scorrere i risultati dell’istituto guidato da Carlo Messina, fresco di nomina di Cavaliere del Lavoro qualche giorno fa, il sacrificio chiesto ai correntisti stride con i numeri da capogiro registrati nell’ultimo anno, con l’utile netto cresciuto del 13,6% a 3,111 miliardi di euro e 1 miliardi di ricavi di commissioni da conti correnti, in lieve calo (-2,4%) rispetto al 2015. La posizione della banca però è chiara: “L’intervento tocca rapporti di conto stipulati in un contesto economico profondamente diverso, rispetto ai quali – negli anni – non ci sono stati adeguamenti o comunque non in misura sufficiente”, puntualizza la banca a Repubblica. “Sono stati esclusi a priori i conti sociali, quelli legati a particolari convenzioni e le zone colpite dal terremoto. Nel complesso, quindi, non più del 30% delle posizioni verrà rivista”.

Cosa cambierà concretamente per i clienti dipenderà da molte variabili: dal tipo di conto, alla data di apertura, fino al livello di giacenza medio nell’anno passato, cioè quanti soldi sono rimasti in media depositati. La prima buona notizia è che per i clienti con una giacenza fino a 2000 euro non scatterà nessun aumento. La seconda è che l’incremento, in nessun caso, supererà i 10 euro al mese.  L’esempio pratico è fornito dalle tabelle allegate dall’istituto e mostrano però come i rincari massimi scatteranno ad una soglia relativamente bassa.  Basterà avere aperto il conto prima del 2009 e avere lasciato in media 10 mila euro nel 2016 per vedersi riconosciuto l’aumento. Per tutti gli altri, tra 2 e 10 mila euro, i rincari vanno da 20 centesimi a 8,4 euro al mese. Da 2,4 a poco più di 100 euro l’anno.

Intesa Sanpaolo alza i costi dei conti correnti. Rincari fino a 120 euro l'anno

Anche per questo la novità sta arrivando a scoppio ritardato tra i correntisti. Ad alcuni, andati in filiale per chiedere chiarimenti, l’istituto avrebbe già proposto di sostituire il tipo di conto in essere con quello XME, prodotto di punta lanciato da poco. La banca offre però un’alternativa. L’istituto –si spiega nella comunicazione di maggio – “darà inoltre corso a interventi annuali di miglioramento delle condizioni – sino all’azzeramento dell’incremento – in caso di riduzione della giacenza media annua del conto sia di variazione al rialzo dei valori medi annui del Dfr”, cioè il tasso sui depositi.

Per sperare di ottenere uno sconto sul canone quindi i clienti avrebbero due strade: confidare in un’inversione di rotta della politica monetaria condotta dal presidente Draghi, e quindi in un aumento dei tassi, o togliere i propri soldi dal conto. Investendoli in prodotti finanziari, spendendoli in beni di consumo o tenendoseli per sé. Nel mondo capovolto dei tassi sottozero il paradosso è servito: se avete soldi da parte lasciateli sotto il materasso. Ve lo chiede la banca.

REP.IT

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