A Torino non c’era un piano di emergenza. Ignorata la circolare di Gabrielli
Così si presentava domenica mattina piazza San Carlo a Torino
Subito dopo l’attentato di Manchester il capo della Polizia, Franco Gabrielli, aveva dettato – con una circolare datata 25 maggio – le linee guida da adottare in occasione dei grandi eventi. Verifiche preliminari: «Specialmente nei luoghi dopo possono essere celate insidie». Controlli agli accessi: «Valutando l’adozione di impedimenti anche fisici all’accesso dei veicoli nelle aree pedonali». Presenza di steward degli organizzatori: «Come per gli eventi sportivi», aveva scritto il prefetto nella nota inviata a tutte le questure d’Italia. Perché gli attacchi di Parigi, Nizza e Berlino hanno cambiato la percezione della sicurezza. Perché ogni manifestazione di piazza è potenzialmente un obiettivo. E perché, nell’immaginario, è entrato ciò che prima non c’era: la figura del terrorista.
È attorno a tutto questo che adesso ruota la domanda delle mille pistole: «Ma, a Torino, s’è fatto davvero tutto il possibile?». E tutto ciò che Gabrielli ha imposto-suggerito? Se l’allerta attacchi ha fatto innalzare il livello dei controlli – sabato in piazza c’erano 200 circa tra poliziotti e carabinieri più 100 e rotti vigili – ciò che è mancato in toto è un piano per l’emergenza. Cioè una strategia per i soccorsi in una piazza che potenzialmente può contenere 30 mila persone. E questo era compito degli organizzatori. Anche con gli steward. Che non c’erano. Come non c’era un punto di raccolta feriti, uno per le persone disperse o spaventate, un centro di coordinamento interforze. Tutte cose che nella notte della finale non si sono viste. E che si sono concretizzate sul tardi grazie all’intervento di un vicecomandante dei Vigili del fuoco di Torino che ha organizzato i soccorsi e cercato di dare una forma agli aiuti nella piazza impazzita mettendo in comunicazione istantanea tutte le forze coinvolte. Ma ormai era mezzanotte passata. Quasi due ore dopo il disastro.
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C’era un punto di soccorso, è vero. Ma era in un angolo della spianata (lato opposto al maxi-schermo) ed è stato quasi travolto dall’ondata di gente in fuga. Se i feriti sono andati in ospedale è per la decisione del capo della polizia municipale che ha deviato in zona otto autobus che hanno portato via oltre 120 feriti. Intuizioni dei singoli. Non strategia pianificata a tavolino. Non c’era una via dedicata all’arrivo dei mezzi di soccorso. E il parcheggio sotterraneo, quello che corre sotto la piazza e prosegue per tutta la lunghezza di via Roma, sabato era aperto. Chiusi soltanto gli accessi pedonali su piazza San Carlo. Ma un’auto in fiamme lì sotto – per caso o perché incendiata – avrebbe provocato, nonostante i sistemi antincendio, colonne di fumo che avrebbero invaso comunque piazza San Carlo.
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Se ci sono responsabili per tutto questo è una questione tecnico-giuridica che è troppo presto da definire. Dopo l’attacco di Parigi, i gestori dell’ordine pubblico a Torino avevano comunque già dato una stretta in tema di sicurezza. Ma è rimasta sospesa la «safety», ovvero la gestione dell’emergenza. E l’organizzatore dell’evento, Turismo Torino, per ora non commenta: «Aspettiamo di confrontarci con gli avvocati».
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