Nuovo Nafta e bilaterale con l’Europa. Così cambia il commercio americano
«Il nostro rapporto con l’Europa continuerà a essere un pilastro della prosperità americana». Infatti, quando si sono ritirati dall’accordo commerciale Tpp coi Paesi asiatici, gli Usa hanno fatto «la scelta cosciente di non ritirarci anche dal Ttip». Washington vuole riprendere il negoziato, «per trovare una soluzione equa che raggiunga insieme l’obiettivo di aumentare gli scambi commerciali complessivi, e ridurre il nostro deficit».
A illustrare pubblicamente la nuova strategia americana dei commerci globali ci ha pensato il segretario Wilbur Ross, intervenendo ieri al convegno «Gli Usa e l’Europa nell’età dell’incertezza», organizzato dall’Aspen Institute Italia all’ambasciata di Washington, nell’ambito della «Initiative for Europe». In campagna elettorale Trump aveva detto di considerare il sistema dei commerci globali penalizzante per gli Stati Uniti. Tra i suoi primi atti da presidente, quindi, c’era stato il ritiro dall’accordo Tpp, seguito poi dalla pratica per ridiscutere il Nafta con Messico e Canada, che toccherà soprattutto i temi della condivisione dei dati, l’economia digitale e la proprietà intellettuale.
Sulla Wto invece la chiusura è totale, perché il presidente non accetta un organismo esterno che possa dare direttive agli Usa. Il G7 di Taormina, con le critiche dirette alla Germania per il surplus commerciale, sembrava aprire la strada allo scontro con l’Europa, ma Ross indica ora una strada diversa. Trump vuole riequilibrare gli scambi e renderli più favorevoli agli Usa, come ha cercato di fare abbandonando l’accordo sul clima, però non intende tagliare i ponti con il Vecchio Continente ed è pronto a riprendere la discussione sul Ttip, su basi nuove.
Ross non ritiene che «la globalizzazione sia finita, ma esiste un sentimento popolare secondo cui necessita di essere rivista. Non è inerente alla globalizzazione avere un Paese, cioè gli Usa, che assorbe il surplus complessivo del resto del mondo sotto forma di deficit commerciale. Alcuni Paesi parlano di libero mercato, ma poi praticano il protezionismo». Trump vuole porre rimedio a questi squilibri introducendo il concetto di equità, che secondo Ross si traduce nella pratica in quattro punti fondamentali: «Primo, i Paesi con cui abbiamo un forte deficit farebbero bene a considerare di aumentare la nostra fetta di esportazioni verso di loro. Secondo, il presidente vuole liberalizzare le esportazioni di gas e idrocarburi. Visto che molti Paesi asiatici ed europei devono comunque importare queste fonti di energia, non farebbe danno a loro, e migliorerebbe la nostra bilancia commerciale, se le acquistassero da noi. Terzo, nel campo manifatturiero esistono situazioni simili, che possono essere riequilibrate modificando le fette di mercato accessibili all’America. Quarto, l’agricoltura è un settore in cui produciamo bene, mentre molti Paesi non sono in grado di sfamare le loro popolazioni. In Cina, ad esempio, solo il 12% della terra è arabile. L’aumento delle importazioni dall’America aiuterebbe a risolvere il problema, senza essere distruttivo per l’economia locale».
La negoziazione del Ttip riparte da questi punti, a cui si aggiunge il suggerimento del ministro italiano Calenda di immaginarne una versione light, ossia meno complessiva, ma proprio per questo più facile da raggiungere: «Noi – spiega Ross – siamo interessati ai risultati. Forse però preferiamo tanti piccoli accordi a uno solo grande, perché un’intesa grande è più difficile, richiede molto tempo per essere negoziata, e quando è conclusa rischia di essere già superata, a causa della velocità con cui si muove l’economia moderna».
Trump avrebbe voluto tanti accordi bilaterali con i vari Paesi europei, ma le regole della Ue non lo consentono. Quindi sembra pronto ad accettare tanti accordi piccoli bilaterali nella cornice Ue.
LA STAMPA