Prendi il telefono e scappa: la rete (di salvataggio) nella notte di terrore
Al terzo attacco terroristico in tre mesi Londra ha aperto le porte, esiste ancora una reazione naturale davanti alla paura. La politica strilla trascinando l’ansia dentro le elezioni e la gente scrive, ancora oggi: divano disponibile, anzi #sofaforlondon.
Nella notte degli attentati a London Bridge e al Borought market, i residenti non si sono barricati in casa. Hanno ospitato chi era stato evacuato dalla zona rossa durante il raid della polizia, un intero albergo sparso per i marciapiedi, qualcuno solo con i boxer e le infradito. Chi aveva un sacco a pelo in cantina lo ha steso in soggiorno, i locali appena fuori dall’area recintata hanno accolto fuggiaschi, turisti sloggiati senza il tempo di prendere un giubbotto, gli sfrattati dagli Airbnb della zona hanno traslocato via app nel posto più vicino. I tassisti hanno girato gratuitamente raccogliendo chi era in giro e Uber si è preso gli insulti perché ha raddoppiato le corse. Oggi hanno risarcito chiunque abbia viaggiato in quella zona sabato notte, il sistema ha reagito alla domanda e quando ci sono più che richieste che auto in circolazione il costo della corsa si alza seguendo l’algoritmo che lo muove.
Ci hanno messo un po’ a intervenire sul sistema che ha risposto in automatico proprio come quello della rete di affittacamere che ha cercato nuove sistemazioni con un clic, come Facebook che ha dato non solo una faccia, ma persino un profilo a chi cercava un tetto e qualche garanzia a chi lo voleva offrire. I social berciano parecchio, mandano in tilt la comunicazione con il veleno che schizza incontrollato da una nazione all’altra, le app occupano persino la memoria del cervello però offrono alternative. Una rete tutt’altro che virtuale a chi sta in mutande, perso in una notte di angoscia, senza soldi, documenti, riparo e che guarda caso prima di scappare disperato ha afferato solo una cosa: il telefono.
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