Legge elettorale, l’intesa vacilla: mancano 100 voti all’appello
La riforma elettorale inizia in salita. Ben 209 sono gli emendamenti presentati.
E un nutrito gruppo di deputati (un centinaio circa) chiede il voto “anonimo”. Un chiaro segnale per tentare di far saltare i lavori. O comunque cercare di cambiare le carte in tavola rispetto all’accordo siglato tra le quattro principali forze politiche (Pd, Forza Italia, M5S e Lega). Ma chi sono i deputati che tentano lo sgambetto in aula? Ovviamente i piccoli partiti, in primis i centristi e l’Mdp. Con qualche “infiltrato” tra i gruppi.
Così, per far saltare il “tedeschellum“, i deputati ostili alla riforma sono riusciti a strappare cento votazioni segrete. La corsa contro il tempo è iniziata: il testo finale deve essere approvato entro venerdì 9 giugno.
Il Pd non nasconde un certo nervosismo: “Nelle pregiudiziali ci sono stati 100 voti in meno rispetto alla sommatoria dei 4 gruppi – ricorda il capogruppo Ettore Rosato – vi ricordo cosa accadde quando furono 101 (il riferimento è alla votazione che fece saltare l’elezione di Prodi al Quirinale, ndr)”. Poi azzarda una previsione: “Sono certo che saranno importanti i primi voti, noi abbiamo la responsabilità di tenere duro fino in fondo”. E aggiunge che “fuori dall’accordo siglato a 4 non c’è nessuna possibilità di fare la legge elettorale”.
Al momento il fronte Pd-Forza Italia-Lega-M5S sembra compatto e determinato ad andare avanti, approvando la riforma. Ma i “franchi tiratori” non si arrendono. E nel segreto dell’urna potrebbero fare lo “scherzetto”.
Del resto non poteva essere altrimenti, visto che il regolamento di Montecitorio prevede che si proceda con il voto segreto quando a chiederlo sono almeno trenta deputati o più presidenti di gruppo, rappresetanti quello stesso numero di parlamentari.
Al netto dei deputati in missione, alla maggioranza che sostiene la riforma della legge elettorale, sono mancati 66 voti sulle pregiudiziali, secondo quanto si evince dalla lettura dei tabulati della votazione segreta.
Intanto il Pd si dichiara disponibile al voto finale (sulla riforma) lunedì prossimo: questo è un segnale di apertura alla richiesta arrivata dal M5S. Beppe Grillo, infatti, ha fatto sapere che il testo finale che uscirà dopo gli emendamenti dovrà essere ratificato dal voto online degli iscritti al proprio movimento. Consultazione che si dovrebbe tenere tra sabato e domenica. In tempo per lunedì.
Il M5S ha puntato i piedi su voto disgiunto, preferenze e correttivo di governabilità: se l’aula dovesse respingere queste modifiche e gli iscritti 5 Stelle bocceranno la riforma elettorale, allora salterà l’accordo raggiunto con Pd, Forza Italia e Lega.
Il comitato dei 9 ha dato il via libera a due emendamenti presentati dal relatore della legge elettorale, Emanuele Fiano (Pd). Il primo è la cosidetta norma “salva-Mdp”: secondo la
nuova formulazione, non dovranno raccogliere le firme per presentarsi alle elezioni quei partiti che hanno gruppi in parlamento nati entro il 30 aprile 2017 (nella precedente stesura la data prevista il 1 gennaio 2014). L’altro emendamento riguarda i collegi del Senato, che passano da 112 a 102.
IL GIORNALE