Grillo-Napolitano. Nasce l’asse dei mestatori
Alla Camera inizia la discussione sulla nuova legge elettorale ed è subito bagarre. In questo caso le parole non sono pietre ma petardi.
Per distrarre, per minacciare, per alzare il prezzo, a volte servono come cortina fumogena per celare verità indicibili ai tuoi o agli altri. Solo alla fine del percorso previsto per martedì – si potranno tirare le somme e fare un po’ di chiarezza. Ma sta di fatto che Beppe Grillo si è messo a fare il matto, rimangiandosi il patto con Renzi e Berlusconi, smentendo il sondaggio on line fatto tra i suoi elettori che solo pochi giorni fa aveva benedetto in modo «irrevocabile» quell’accordo sul Tedeschellum.
Grillo, insomma, si sta accodando al monito di Napolitano di ieri l’altro contro il patto a tre tra Renzi, Berlusconi e Grillo stesso. E personalmente non escluderei che dietro l’ennesima giravolta del comico che rischia di mandare all’aria tutto ci fosse lo zampino del presidente peggiore della storia repubblicana, allergico al voto. Chi guarda con simpatia al Movimento Cinquestelle dovrebbe ricordarsi il detto: dimmi con chi vai e ti dirò chi sei. Ecco, Grillo va con Napolitano, già leader del Partito comunista, già mestatore nel sottobosco della Repubblica (a lui dobbiamo Monti, la Fornero ed Enrico Letta). Grillo va con Piercamillo Davigo, il magistrato manettaro che teorizza: «Gli errori giudiziari non esistono, una persona assolta non è un innocente ma un colpevole che l’ha fatta franca». Grillo si accompagna con Domenico De Masi, il sociologo della decrescita felice che ha appena riassunto il programma economico dei Cinquestelle in un libro dal titolo «Lavorare gratis, lavorare tutti». Grillo si accompagna a Virginia Raggi, il sindaco più incapace nella storia di Roma.
Io non so se con una persona del genere sia possibile fare patti seri e duraturi. A naso lo escluderei, perché qualsiasi accordo è il punto di mediazione, onesto e leale, tra interessi e necessità diverse. Concetto sconosciuto a gente come Napolitano, Davigo, De Masi e soci, che il comunismo ce l’hanno nel Dna. Per questo non mi preoccupa il destino di questa legge elettorale ma il nostro, se una qualsiasi legge elettorale dovesse consegnare il Paese nelle loro mani.
IL GIORNALE