Ecco la priorità del governo: tirare a campare per un anno
«L’impegno sul lavoro produce risultati. Non c’è niente di più importante per un governo».
Paolo Gentiloni, presidente del Consiglio, ieri in conferenza stampa era visibilmente soddisfatto per i dati Istat ed Eurostat su occupazione e Pil. «Credo si possa ancora fare qualcosa di positivo e di utile», ha twittato il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Anna Finocchiaro. La legislatura è destinata a durare e, di sicuro, il premier e i suoi colleghi qualche idea per costruirsi un futuro politico ce l’hanno.
Le profferte di lealtà ribadite ieri dal segretario del Pd, Matteo Renzi, magari faranno correre un brivido sulla schiena dei componenti dell’esecutivo. Ma poi, valutando le alternative allo status quo, tutti si rincuorano. Tant’è vero che ieri sono spuntate fuori dal cilindro di Gentiloni & C. molte novità. Oltre all’annunciato decreto attuativo del reddito di inclusione, è stato varato anche un altro decreto sul Mezzogiorno che introduce zone franche soprattutto nelle aree portuali del Sud con esenzioni Ires e Irap oltre a corposi sgravi contributivi, accelerando inoltre l’erogazione dei fondi per l’imprenditorialità. Il governo ha poi confermato l’intenzione di porre la fiducia sul ddl di riforma del processo penale la settimana prossima, una circostanza che in altre occasioni avrebbe provocato fibrillazioni.
Non sono tutte rose e fiori, certamente. Proprio la sempre maggiore convinzione circa il prolungamento della durata dell’esecutivo crea frizioni tra i singoli componenti, ognuno desideroso di portare acqua al proprio mulino. Ad esempio, ieri il decreto Sud ha creato malcontento nel sottosegretario Maria Elena Boschi e nel ministro dello Sport Luca Lotti nei confronti del ministro della Coesione, Claudio De Vincenti. Quest’ultimo ha in mano le leve dei fondi europei (che saranno dirottati in gran parte sul decreto Sud) sui quali vorrebbe avere più voce in capitolo il Giglio Magico. Analogo siparietto si è ripetuto tra il Guardasigilli, Andrea Orlando, e il titolare del Viminale, Marco Minniti, che avrebbe voluto varare una stretta sugli insediamenti degli immigrati che lavorano come stagionali. Ma Orlando, che guida la sinistra Pd, non può avallare politiche troppo law and order.
Se si considerano anche le partite Ilva e Alitalia (oltre al decreto per il Sud), emerge prepotentemente la figura del ministro dello Sviluppo Carlo Calenda. Tanto che Renzi è stato «costretto» a consultarlo anche in vista della prossima legge di Bilancio. Gentiloni e Calenda sono, infatti, i «santi in paradiso» cui il leader Pd è ora costretto a rivolgersi per evitare una manovra lacrime e sangue. La litania è sempre la medesima: disinnescare i 15 miliardi di clausole di salvaguardia sull’Iva e, al contempo, cercare di operare una seppur minima riduzione fiscale da spendere in campagna elettorale (magari con un taglio del cuneo fiscale).
Le prospettive politiche potrebbero aver inciso sulla scelta di Rossella Orlandi che, avvicendata come direttore alle Entrate da Ernesto Maria Ruffini, ha deciso di rifiutare l’incarico al Tesoro di consulente nella lotta all’evasione. Ha preferito restare in organico all’Agenzia della quale è dirigente e ricoprirà l’incarico di direttore dell’area Territorio, cioè del catasto. Insomma, tempo per annoiarsi non ce ne sarà: tra salvataggi bancari da gestire e legge elettorale da preparare i mesi passeranno. E Gentiloni sarà sempre lì.
IL GIORNALE