Casaleggio non scalda i giovani industriali. E Grillo congela Di Maio

jacopo iacoboni
inviato a RAPALLO (genova)

«Non è casuale», dice Davide Casaleggio ad alcuni giornalisti nella stradina che conduce dalla pizzeria Bella Napoli di Rapallo all’auto che lo riporterà a casa, «che Napolitano parli e il giorno dopo finiscano le negoziazioni, e il Pd esegua». All’uscita della pizzeria il suo commensale, Beppe Grillo, aveva detto seccamente «Napolitano ordina e il Pd esegue». Purissima teoria del complotto. Grillo è fissato da tre giorni su questa idea: che ci sia stato un tandem occulto dietro gli eventi alla Camera di giovedì, Giorgio Napolitano e Carlo De Benedetti sarebbero i due responsabili dell’affossamento della legge elettorale. Anche se si è sicuramente parlato di molto altro alla fine di un pranzo al quale ha partecipato praticamente tutta la Casaleggio associati (assieme a Davide c’erano anche due suoi fidi esecutori, Luca Eleuteri e Maurizio Benzi, più un ex dipendente, Pietro Dettori, che è anche la cinghia di trasmissione col Movimento – più il consigliere regionale lombardo del M5S Stefano Buffagni). Questo per dire chi e come decide, nel Movimento. Un’azienda. Lo spartito devono suonarlo le webstar di Roma; con esiti variopinti.

 Casaleggio fa sua una metafora, usata da Matteo Giudici, il presidente dei giovani industriali liguri: «L’aragosta si costruisce il suo carapace, ma poi a un certo punto innova e lo abbandona». Il Movimento deve cambiare anch’esso il suo carapace? «È tutta l’Italia che deve cambiare carapace», risponde il vero capo del Movimento. Il quale ieri ha trascorso la mattinata ospite d’onore al convegno dei giovani industriali. Doveva parlare dopo una tavola rotonda tra giganti di Internet e tecnologie, il leader italiano di Facebook, il vicepresidente esecutivo di Huawei, l’amministratore delegato di Microsoft, il direttore italiano del Research lab di Ibm. Ma si era in ritardo e così – al presidente di una piccola srl milanese – è stata data la precedenza. Un segno di grande attenzione dai giovani imprenditori. Anche se non si può dire che il suo eloquio li abbia scaldati.

 

Una fotografia chiave del convegno lo narra meglio di mille parole. Quando Emma Bonino, alla fine di un discorso di alto livello, europeista senza retorica, dice: «Da noi c’è qualcuno che vuole uscire dall’euro… ah no, c’è anche qualcuno teorico della doppia moneta. Salvini… e simili», ed è chiarissimo che sta parlando del Movimento. Poi conclude ispirata: «Amate l’Europa, è questa, l’Europa, senza ma e senza però».

I giovani industriali si alzano in piedi totalmente conquistati. Standing ovation a partire dal loro presidente, Alessio Rossi (che pure aveva offerto alla Raggi «portiamo cento imprenditori a investire a Roma». La sindaca s’è limitata a un laconico «certo», eppure l’invito sembrava ghiotto, per la città). C’è una sola persona in sala che non batte le mani, non muove un muscolo, non si alza in piedi: Davide Casaleggio. Anzi, ostenta nei gesti (che parlano più delle parole) una postura distante da Emma e vicina alla Lega; con la quale i contatti sono ormai a uno stato molto avanzato.

 

Era questo lo schema al quale lavoravano in Casaleggio prima del pasticcio, che loro stessi giudicano causato dai loro uomini a Roma: fretta massima, legge elettorale, dialogo con il Carroccio. Ora però bisogna prepararsi ai 3000, non ai cento metri. Grillo è convinto che «a Genova perderemo», e del resto il comizio finale di venerdì è stato un mezzo flop, trecento persone a sentire lui e Di Maio. Il giovane di Pomigliano sarà lui il candidato? A Rapallo Grillo poteva rincuorarlo dalla botta del fallito accordo elettorale: non l’ha fatto. «Vedremo», ha detto rabbuiato, e non scherzava. I malumori su Di Maio sono in effetti fortissimi nel gruppo parlamentare. Era invece una battuta «sceglieremo con gli algoritmi». Quando una materia brucia, Grillo la esorcizza facendo il comico.

LA STAMPA

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