Bersani: “Sono solo apprendisti stregoni. Ma un’intesa è ancora possibile”
«Il patto a quattro sul voto estivo è stata l’origine di tutti i guai sulla legge elettorale. Ora è il momento che questi apprendisti stregoni raffreddino la testa e abbandonino l’idea delle urne in settembre. È ora che le responsabilità vengano messe un po’ prima delle convinzioni e delle convenienze. In Parlamento, con il buon senso, si può ancora fare una legge simil-tedesca con voto disgiunto, preferenze e una ridefinizione aggiornata dei collegi, e con una larga maggioranza. O come ultima spiaggia si possono armonizzare le due leggi partorite dalla Consulta con uno sbarramento al 5% e doppia preferenza di genere. Ma nessuno pensi a decreti sulla legge elettorale». Pier Luigi Bersani ha l’aria di chi stavolta aveva previsto la frana di giovedì a Montecitorio: «Era un’intesa raffazzonata, zoppicante, con Grillo, Berlusconi e Salvini convinti di poter trarre un vantaggio dalle urne in estate, e Renzi determinato a evitare la legge di Stabilità».
«Mi pare inutile star lì a spulciare i tabelloni. Nel Paese c’era sconcerto su questa cosa e non mi stupisce che un po’ di parlamentari se ne siano fatti carico. I parlamenti a comando esistono solo nelle democrature».
Ora Renzi sembra di nuovo guardare a Pisapia per un’alleanza. Lei come risponde?
«Gli consiglio di non perdere tempo in improvvisazioni tattiche o furbizie. Noi con Pisapia stiamo lavorando a un centrosinistra in netta discontinuità con il Pd degli ultimi anni. E non sarà Renzi a dare le carte in questa nuova stagione, non si affanni, per lui è fatica sprecata».
Pisapia ha risposto a Renzi rilanciando le primarie di coalizione come condizione per allearsi. C’è ancora questa possibilità?
«Le primarie per il candidato premier le avremmo volute tutti. Ma per farle ci sarebbe voluto un sistema maggioritario, un programma e un simbolo comune. Il Pd ha bocciato il Mattarellum, e ha proposto una legge come il Rosatellum per allearsi con Alfano in Sicilia e con noi in Emilia. In ogni caso sono cose che non esistono più. Chi vuole un nuovo centrosinistra deve dar forza alla cosa nuova che stiamo costruendo. Decideranno gli elettori, sapendo che noi non faremo mai alleanze con la destra. Dopo il voto ovviamente ci rivolgeremo al Pd, loro andranno dove li porta il cuore».
Voi farete i Corbyn italiani?
«Non mi piace scimmiottare o cercare di attribuirsi le esperienze straniere. Ma è chiaro che dietro la riscossa del Labour ci sono proposte chiare che affrontano il disagio popolare. Per noi significa investimenti e non sgravi, stop ai bonus, diritti del lavoro da ricostruire, progressività fiscale, scuola e sanità pubbliche da rilanciare. Milioni di italiani faticano a curarsi e la politica neppure ne parla. Insomma, una sinistra che riprenda i suoi valori».
Il cammino della nuova cosa di sinistra procede a fatica. Sceglierete il leader con le primarie o Pisapia è già incoronato?
«C’è più entusiasmo che fatica. Siamo in uno stato nascente, abbiamo più pane che denti. Ma abbiano toccato un nervo vivo, c’è uno spazio molto largo, vedo tornare all’impegno tanta nostra gente che era tornata a casa o votava M5S. Noi non metteremo barriere all’ingresso, ma serviranno dei paletti: il primo riguarda l’Europa, di cui dobbiamo restare protagonisti».
Cercherete di coinvolgere anche personalità come Prodi?
«Noi gli vogliamo bene, deciderà con la sua testa. Mi stupirei che chi è affezionato all’Ulivo restasse insensibile a questo ritorno in campo del nostro popolo».
E il leader?
«Il proporzionale ha tanti difetti e una qualità: non pretende l’uomo solo al comando, un’idea che ha stancato. Noi abbiamo bisogno di un federatore, e vedo benissimo Pisapia, e di una squadra».
Il governo riuscirà a sopravvivere fino al 2018 in questo clima? Il Pd vi accusa di sabotare.
«L’ipotesi di una accelerazione verso il voto si è indebolita. Noi la fiducia l’abbiamo sempre votata, tranne quando si sono inventati una provocazione sui voucher e sull’abolizione del referendum. Se Gentiloni vuole governare seriamente noi ci siamo, anche per le scelte difficili che ci aspettano».
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