Nel paese che ha eletto la consigliera fascista: “È l’unica contro la ciclabile”

niccolò zancan
inviato a sermide (mantova)

Stanno arrivando i primi turisti in bicicletta, sbucano dall’argine destro del Po, fra filari di mais, zanzare e lavoratori piegati sui campi. Ma davvero questo è il paese dei meloni e dei fascisti? Siamo al confine fra Lombardia, Emilia e Veneto. Domenica scorsa, proprio qui, è stata eletta la consigliera comunale Fiamma Negrini, 20 anni, ragioniera, la prima nominata sotto il simbolo «Fasci italiani del lavoro». Qualcosa che non si era mai visto. Tanto che la presidente della Camera Laura Boldrini ha chiesto l’intervento del Ministro dell’Interno. La prefettura di Mantova ha sciolto la commissione elettorale locale. Adesso tutto è bloccato, in attesa di capire come si possa uscire da questo errore istituzionale. Già si annunciano ricorsi e controricorsi. Eppure, questo è il fatto, non si tratta di una storia del tutto nuova.

 Fiamma Negrini è la figlia di Claudio Negrini, 61 anni, di mestiere «contoterzista agricolo». Uno che su Facebook si presenta con la scritta «boia chi molla». Il suo motto è: «Il duce, Almirante, poi il nulla». Già per tre volte, nel 2002, 2007 e 2011, si era candidato alle comunali di Sermide con lo stesso partito nostalgico e fuorilegge.

Stesso nome, identico simbolo. Mai, però, aveva raccolto più di 140 preferenze. Era sempre stato respinto sulla porta delle istituzioni. Quest’anno sono cambiate diverse cose, e tutte servono per capire come mai le preferenze dei «Fasci italiani del lavoro» siano arrivate a 334: il 10,41% dei consensi. Quando il massimo era stato 243 voti per la Fiamme Tricolore nel 1983.

 

Il comune di Sermide, per ragioni economiche, a febbraio ha deciso di fondersi con il comune di Felonica, un paese sulla stesso stradone. La fusione comporta un premio decennale di 450 mila euro all’anno, soldi che lo Stato gira come riconoscimento per il risparmio. È così che gli abitanti di Sermide più Felonica sono diventati in tutto 7500, aumentando di conseguenza anche il numero degli elettori. Il signor Negrini poi, ponderati i suoi tre fallimenti precedenti, ha pensato di candidare la figlia: «L’ho fatto perché serviva una faccia nuova, qualcuno di giovane». Infine, lui e gli altri trenta tesserati del partito fuorilegge, hanno stilato il programma che è ancora oggi è appeso in piazza davanti al Municipio: «Riorganizzazione della macchina comunale. Ridare slancio all’agricoltura. Uso degli autovelox a fine educativo e non vessatorio». Ma il punto più importante di tutti, secondo un giudizio unanime, è il primo: «Ritorno immediato alla precedenti modalità veicolari dell’argine del Po». Cioè permettere alle auto di tornare a viaggiare proprio dove sta nascendo la nuova pista ciclabile. Unico schieramento, su tre in lizza, a prevedere questa opzione.

 

Ed ecco i nuovi votanti del partito dei «Fasci italiani al lavoro». Quelli che vogliono usare l’auto ovunque. Oppure quelli come il tabaccaio Luciano Redolfi, la cui storia forse può essere un compendio di quanto sta accadendo in Italia. «Le mie radici sono comuniste, ho votato Pci per decenni. Mio padre lavorava allo zuccherificio, quello che è stato chiuso e riconvertito in un supermercato. Ho votato sempre a sinistra fino alla comparsa della Lega di Bossi. Era il 1995. Mi piaceva l’idea dell’autonomie e del federalismo. Poi, quest’anno, ho fatto l’ultimo salto della quaglia». Il tabaccaio Redolfi è arrivato a votare il partito incostituzionale dei fasci. «L’ho fatto perché la Lega qui non si è più presentata. Gli altri due schieramenti, centrodestra e centrosinistra, non danno retta a quelli come me. Sono i partiti delle banche e degli affari». Quali sarebbero le sue priorità? «Il lavoro. Ero il solo tabaccaio della zona, poi è arrivata la grande distribuzione a massacraci, i negozi del paese stanno chiudendo tutti. Il lavoro e la sicurezza. In 53 anni ho subito 9 rapine, l’ultima il 5 novembre del 2017 alle 2 di notte. I danni complessivi li ho quantificati in lire: 33 milioni».

 

INSULTI E MINACCE

Per tutte queste ragioni messe insieme, per la prima volta il partito fuorilegge fascista, che tutti lasciavano fare con trascuratezza, è riuscito a fare eleggere un consigliere. Ora Fiamma Negrini e suo padre sono altrove in cerca di riparo. «Ho sempre sopportato gli insulti», dice lui tramite un collega di partito. «Ma non posso accettare le minacce di morte. Mia figlia è presa di mira, sta molto male, non può uscire e non può aprire i suoi social-network». È pentito della candidatura? «Per niente. Ma se si trattasse di cambiare il simbolo e il nome del nostro movimento, nessun problema».

Ogni cosa in questa storia sbagliata è andata avanti come per inerzia, passando sotto gli occhi di tutti. Facebook aveva cancellato il sito dei «Fasci italiani del lavoro» cinque mesi fa, ma la pagina era stata riaperta identica il giorno dopo.

LA STAMPA

 

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