Con gli ambasciatori Ue Di Maio fa l’europeista “Ma no al Fiscal compact”
Quindici giorni fa, al ricevimento nei giardini del Quirinale per la festa della Repubblica, Luigi Di Maio lo accennò all’ambasciatore di Spagna che, arrivato a Roma da qualche mese, si era avvicinato per presentarsi: «Dobbiamo organizzare un incontro con tutti gli ambasciatori della Ue…». Detto, fatto: passate sì e no due settimane, la presidenza di turno di Malta ha apparecchiato l’evento. Ieri, all’hotel Kolbe nel cuore della capitale, i 27 rappresentanti diplomatici dei Paesi che aderiscono all’Unione hanno assistito alla svolta europeista del candidato premier in pectore del M5S: toni meno aggressivi del passato sull’Unione, purché «si inverta la rotta subito», ma pugno duro sull’immigrazione, secondo lui arrivata a livello di emergenza nella capitale: «Minniti non ha capito in che Paese sta: c’è una seria emergenza, ci deve dare una mano e se dice il contrario è fuori dal mondo, lui, il Pd e il governo», attacca duramente il ministro dell’Interno.
«C’è molto interesse verso di noi», commenta compiaciuto il vicepresidente della Camera dopo l’incontro durato un’ora e mezza con i diplomatici, il secondo in poco più di un anno (la prima volta li vide l’anno scorso a marzo), un altro passo della sua lunga, costante marcia di accreditamento negli ambienti che contano, tra cui le cancellerie europee.
«Di Maio è una personalità importante e rilevante nella politica italiana, per questo siamo disposti a dialogare con lui», assicura l’ambasciatore svedese Robert Rydberg. Sul tavolo, lo stato dell’Unione, da riportare ai valori «dei nostri padri fondatori: cooperazione, solidarietà, unione» e i passi futuri, oltre alla questione migratoria, naturalmente. «Dobbiamo accendere i fari su ciò che sta accadendo nel Mediterraneo con le Ong, e gli altri Paesi europei devono sapere che l’Italia sarà parte della Ue solo se la Ue sarà utile agli italiani», riassume lui stesso i contenuti dell’incontro, «il nostro approccio è interlocutorio con l’Unione europea: vogliamo risolvere questo problema superando il regolamento che ci impedisce di mandare negli altri Paesi molti di questi migranti, anche se il vero problema sono i rimpatri» che «in Italia non si fanno perché l’immigrazione è un business».
Revisione del regolamento di Dublino che carica sulle spalle del Paese di primo sbarco l’esame delle richieste d’asilo, dunque, ma Di Maio propone anche di superare altri vincoli europei. In particolare, il pareggio di bilancio in Costituzione e tutto il Fiscal compact: la richiesta del leader grillino è di consentire all’Italia spesa in deficit in modo da investire risorse in lavoro, imprese e welfare. Davanti alle feluche fa anche un’apertura sull’ipotesi di esercito comune: a patto che venga impiegato solo per operazioni di peacekeeping. Mentre sull’euro, il tema più spinoso in quel consesso dopo che i Cinque stelle in passato avevano raccolto firme per superare la moneta unica, ieri si è spinto a dire che l’abbandono della moneta unica «è solo l’extrema ratio».
A sentire chi era presente all’incontro, la sensazione è stata quella di un giovane politico intento a rassicurare con toni europeisti sulla serietà e responsabilità del Movimento. Tanto che, secondo fonti grilline, chiudendo l’incontro la diplomatica maltese gli avrebbe augurato di tornare, magari come premier. Qualche posizione un po’ sbavata, avrebbe fatto intendere il vicepresidente di Montecitorio, è stata necessaria per dare risposta a un elettorato in larga parte anticasta e antisistema. La domanda che ora tra le feluche ci si pone, è la stessa di molti elettori: ma la sua postura istituzionale rappresenta davvero tutto il M5S?
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