Via i rappresentanti del Tesoro Inizia la resa dei conti in Consip

La resa dei conti su Consip è iniziata. Ieri si sono dimessi i due rappresentanti del Tesoro nel cda dell’azienda, a sei mesi dagli arresti per corruzione sull’appalto Fm4 — il più grande della centrale acquisti della pubblica amministrazione — e a due giorni dall’audizione in procura del presidente Consip Luigi Ferrara e dalla contemporanea richiesta del Pd di azzerare i vertici. Vanno via il presidente Ferrara e Marialaura Ferrigno, facendo traballare il board. Mentre l’ad, Luigi Marroni, resiste nel mezzo di una bufera politica. Martedì verrà discussa in Senato la mozione del gruppo del Pd (primo firmatario Luigi Zanda), che si aggiunge a quella con cui Gaetano Quagliariello aveva già chiesto l’azzeramento dei vertici Consip. Si crea così una manovra a tenaglia per mandare via l’ad Marroni, che tecnicamente dovrebbe essere sfiduciato dall’assemblea degli azionisti.

Vicenda «tecnica» per modo di dire

Ma di tecnico c’è poco in questa vicenda che vede il papà di Matteo Renzi indagato per traffico di influenze, il carabiniere che aveva trascritto le sue intercettazioni indagato per falso, il comandante generale dell’Arma Tullio Del Sette e il ministro Lotti accusati proprio da Marroni di aver avvertito che c’erano microspie negli uffici Consip.

Marroni, nominato da Renzi e confermato dall’attuale premier Paolo Gentiloni, ha confermato ai pm sia le pressioni per pilotare gli appalti verso l’imprenditore arrestato Romeo che le soffiate sulle intercettazioni. Se ne discuterà martedì. Venerdì scorso, mentre il presidente Consip Ferrara veniva ascoltato per un’ora e mezzo dai magistrati come persona informata sui fatti, il Pd con Luigi Zanda aveva chiesto al governo di «procedere in tempi celeri e solleciti al rinnovo dei vertici della Consip». Al fine, si diceva, «di garantire il rispetto della legalità e di promuovere il rilancio dell’azienda con un management estraneo alla vicenda giudiziaria».

M5S: «Ma Lotti resta al suo posto»

Immediate le polemiche. Non solo dei Cinque Stelle che avevano tuonato: «I dem, con una piroetta spregevole, lasciano Lotti al suo posto e chiedono la rimozione dell’ad Marroni, dopo oltre 6 mesi da quando si è venuti a conoscenza dell’inchiesta». Ma anche di Idea, che rivendicava la paternità della richiesta di azzeramento accusando il Pd di aver fatto melina, ricordando le due volte che Padoan ne aveva respinto le dimissioni per «insussistenza di motivazioni tecniche o statutarie». Così ieri i senatori Gaetano Quagliariello e Andrea Augello hanno rivendicato l’innesco di un meccanismo che «sta spazzando via il pittoresco e avventuroso management renziano». E hanno aggiunto: «È ormai chiaro che il documento del Pd non riuscirebbe a trovare una maggioranza. E che Padoan non ci sta a farsi commissariare dal Senato: l’ultima via d’uscita è costringere la maggioranza del superstite cda di Consip alle dimissioni. Il governo spera così, se non di salvare la faccia, almeno di non perderla del tutto».

CORRIERE.IT

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