Il Museo Egizio mette in scena i dialoghi impossibili con le mummie
Maschera-funeraria-di-Merit al Museo Egizio
Cosa direbbe una mummia egizia al suo scopritore, se potesse parlare? «Io ho pensato che penserebbe di trovarsi finalmente davanti uno di quegli dei che per tutta la vita si è preparata a incontrare, mettendo da parte vestiti, biancheria, lini, spazzole, attrezzi, cibo, insomma tutto il corredo funebre per il viaggio nell’aldilà», dice la regista Alice Rohrwacher. «Solo che quella divinità che porta finalmente la luce in un buio lungo millenni, invece di avere testa di falco o di cane o di gatto, ha la fronte spaziosa e gli occhi increduli dell’archeologo Ernesto Schiaparelli, di fronte alla scoperta sensazionale della tomba dell’architetto Kha e di sua moglie Merit».
Non è però la trama di un film. Rohrwacher ha usato questa suggestione per un racconto che ogni visitatore del Museo Egizio di Torino può ascoltare in cuffia nel momento stesso in cui entra nella vita di Merit guardando a tutte le sue cose custodite dietro i vetri delle teche.
Basta che scarichi un’app: ed è così che le stanze di un museo diventano «Luoghi viventi», con racconti d’autore, che trasformano la consueta visita in una narrazione in cui immergersi. A volte poetica e struggente, come quella di Rorhrwacher, altre volte giocosa e didascalica come quella di Altan e della sua Pimpa, oppure misteriosa e intrigante con le tinte di un giallo di Carlo Lucarelli. Non solo all’Egizio (dove a Roberto Saviano è affidato il racconto più sociale di quello che fu il primo sciopero documentato nella storia – su delle tavolette), ma anche nei due musei civici della città francese di Chambéry: il Musée des Beaux-arts e «Les Charmettes. Maison de Jean-Jacques Rousseau», la tenuta in cui visse per alcuni anni il filosofo. Il progetto, realizzato con il Circolo dei lettori di Torino, si è aggiudicato il finanziamento del fondo europeo di sviluppo Alcotra, programma di collaborazione transfrontaliera.
Da anni, la parola d’ordine in tema di musei è «audience development», che vuol dire semplicemente che si cercano nuovi linguaggi e nuove esperienze per catturare l’attenzione di un pubblico sempre più vasto. Senza tradire lo scrupolo scientifico, «Luoghi viventi» punta sulle emozioni che i grandi narratori di storie sanno suscitare. Nulla a che vedere con un’audioguida, tanto più che a leggere i racconti sono degli attori: Merit parla con la voce di Alba Rohrwacher, sorella di Alice. La finzione narrativa accorcia tempi e distanze le distanze temporali e Merit non è più una mummia, un’immagine da sussidiario, ma è una donna che ha vissuto, che ha amato, che ha avuto fede che la sua esistenza. «Ho immaginato un dialogo impossibile – dice Alice Rohrwacher, che ha steso il racconto con la studentessa della scuola Holden Léa Gazzurra -. Da un lato c’è l’emozione di Schiaparelli, consegnata al suo diario; dall’altro c’è la donna davanti a quella che crede una divinità, che, curiosamente, sta inventariando la sua esistenza». «Chi guarda gli oggetti di Merit, deve aver ben presente una cosa: nessuno di quegli oggetti, su cui si posano gli occhi di migliaia e migliaia di persone, era stato messo nella tomba per essere visto. Aveva ragione Schiaparelli: studiamo le grandi opere dell’umanità, ma nulla ci commuove come la quotidianità».
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