La strategia dei piccoli passi di Gentiloni: “Soddisfatti, ma ora serve una svolta”
In pochi mesi molto è cambiato nel rapporto tra Roma e Bruxelles. Due «istantanee» restituiscono la novità: alle 9 del mattino il presidente del Consiglio incontra le centinaia di funzionari, dirigenti e diplomatici italiani che lavorano a Bruxelles, consuetudine per molti capi di governo europei ma non per gli italiani. Sei ore più tardi la cancelliera Angela Merkel e il presidente francese Emmanuel Macron, nella loro conferenza stampa congiunta, riconoscono che male ha fatto l’Europa a non ascoltare il grido di dolore italiano sulla questione migranti e che ora si dovrà fare il possibile per fronteggiare un fenomeno che non rappresenta più una semplice emergenza.
Una postura diversa dal passato da parte di Germania e Francia, ma non ancora un cambio di atteggiamento, che si è riflessa nel documento conclusivo del Consiglio Europeo: i flussi migratori nel Mediterraneo Centrale, e in particolare dalla Libia, sono una «sfida permanente» e quindi non è più un’emergenza, ma un grave problema cronico per il continente, che investe tutti, e quindi non solo i paesi in prima fila, Italia su tutti.
Progressi in gran parte semantici, Paolo Gentiloni lo sa bene, ed infatti è attento a non enfatizzare, a misurare pragmaticamente i risultati contenuti nelle Conclusioni del Consiglio. Col consueto understatement dice: «L’Italia può ritenersi soddisfatta». E rientrando a Roma spiega ai suoi: «Per noi è stato essenziale mantenere gli impegni anche sulla vicenda immigrazione. La Commissione ha apprezzato e ora anche se dobbiamo accontentarci delle partite che si svolgono giorno per giorno e in questi due giorni non si doveva risolvere il problema dei flussi ma affermare una serie di concetti, il lavoro da fare è ancora molto».
IL NODO LIBIA
In particolare, nelle Conclusioni. La Libia viene citata come il Paese-chiave, e infatti l’impegno della Ue è cresciuto molto, dall’operazione Sophia all’assistenza alla Guardia Costiera libica, che negli ultimi due mesi – come ricorda Gentiloni – ha effettuato 8600 salvataggi, ai quali si sommano i 6 mila rimpatri verso altri Paesi africani effettuati dallo Iom.
Certo, assistere il governo di Tripoli è essenziale, anche se – riconosce il presidente del Consiglio – la sua affidabilità non è la stessa che garantisce il governo turco, che poco più di un anno fa con il maxi intervento di 3 miliardi ha bloccato i flussi da est. E infatti Gentiloni usa parole misurate: «Se qualcuno pensa che le autorità libiche e quelle turche siano paragonabili fa una piccola forzatura: è evidente che oggi stiamo aprendo una strada e cercando di ottenere il massimo, inducendo la Commissione europea e Paesi membri a fare un investimento in cooperazione. Dobbiamo fare due mestieri: lavorare per sostenerlo e lavorarci per affrontare la questione migratoria». E poi con humour: «Se oggi qualcuno dicesse “Diamo 3 miliardi di euro alla Libia” bisognerebbe chiamare qualcuno da fuori e dirgli: “Prendetelo”».
LE SFIDE FUTURE
La novità che promette sviluppi futuri è il concetto di rafforzamento di cooperazione regionale nelle operazioni di «Search and Rescue», che potrebbe prevedere in prospettiva il principio di ampliamento degli approdi, «anche se sappiamo bene che i problemi con cui ci dobbiamo confrontare non si risolvono con le conclusioni di un documento del Consiglio europeo». Le partite europee sono fatte di piccoli passi, a volte impercettibili, ma nella filosofia «gentiloniana», l’importante è imboccare una direzione.
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