Neanche un profugo sbarcato. Malta si blinda e dimentica la crisi
La città della pace. Che nome ironico «Peaceville» per questo delirio di ragazze e ragazzi in festa permanente. Quattro gru sono in movimento per costruire nuovi palazzi ancora più alti.
Per il primo anno dal 1981, l’economia di Malta ha fatto registrare un surplus economico di 8,9 milioni. Lo Stato ha incassato più di quanto ha speso. Il premier laburista Joseph Muscat, appena riconfermato alla guida del Paese, ha definito l’accaduto con tre parole: «Un miracolo economico». Il turismo è cresciuto del 6%. La disoccupazione è scesa al 4,2%. Il porto, una distesa di container colorati, è uno snodo commerciale importante fra Oriente e Occidente. Tutto passa davanti a Malta. Migranti accolti? Nessuno. «Nel 2017 a La Valletta non è sbarcato neanche un profugo» dice Mark Micallef, giornalista e firma di punta del «Times Of Malta». Conosce ogni storia di quest’isola. Si è imbarcato più volte per rendersi conto personalmente di quel che accade in mezzo al mare. «L’anno con più migranti era stato il 2005, quando si erano registrati 4 mila sbarchi. L’anno scorso, invece, ci sono state circa 1500 domande d’asilo. Ma erano quasi tutti migranti arrivati in aereo».
Eppure questa piccola isola di 420 mila abitanti sta diventando il centro di molti nuovi affari, e non sono del tutto scollegati dalla tragedia del Mediterraneo. Tripoli è a 355 chilometri. Malta non accoglie, ma intrattiene rapporti sempre più stretti con le famiglie libiche più in vista. E se è vero che l’Unione europea sta ancora cercando qui tracce del tesoro della famiglia Gheddafi, 10 milioni di euro transitati su alcuni conti correnti, in questi ultimi anni i rapporti con quella costa africana si stanno intensificando. La Valletta è diventata la seconda casa per molti politici, funzionari e uomini d’affari libici. Se in Libia fai soldi in qualche modo, è qui che vieni a investirli al sicuro. E infatti, ecco gli uffici della Banca centrale libica, della Compagnia petrolifera nazionale, del fondo di investimento Lia. Molte famiglie stanno aspettando a La Valletta la fine della guerra civile. Due moschee della zona di Floriana hanno imam libici.
Ed è sempre dal porto della Valletta che parte la nave Phoenix, comprata dai coniugi Regina e Christopher Catambrone, imprenditori del ramo assicurativo in zone di conflitto, prima di convertirsi totalmente alla causa umanitaria. Sulla loro attività si sono addensati i sospetti – va detto, senza prove – del procuratore capo di Catania Carmelo Zuccaro. Hanno più volte spiegato l’origine economica della loro Ong. Prima soldi che avevano guadagnato, poi donazioni pubbliche. «Letteralmente esplose dopo la morte del bambino migrante Aylan Kurdi su una spiaggia turca», dicono adesso a Malta. Quello che si sa è che hanno partecipato alle prime missioni di salvataggio l’ex ufficiale dell’esercito maltese Ian Ruggier e l’ex capo di stato maggiore Martin Xuereb. Quello che si sa è che per le ricerche, da quest’anno, viene impiegato un drone e un piccolo aereo della ditta austriaca Schiebel. Quello che si sa è che i coniugi Regina e Christopher Catambrone non hanno mai sbarcato a Malta un solo migrante salvato in mezzo al mare.
Del resto, il capo ufficio operazioni della Guardia Costiera italiana Nicola Carlone, lo aveva detto chiaramente in commissione Schengen: «Malta ci nega l’attracco. Tendono a sottovalutare le condizioni di reale pericolo in cui si trovano le imbarcazioni per sottrarsi all’obbligo di dichiarare intervento Sar e dunque intervenire. Si limitano a un monitoraggio, fino a quando le barche dei migranti non lasciano le acque territoriali maltesi».
Malta nel 2018 sarà capitale europea della Cultura. Lord Byron l’aveva definita «l’isola delle urla, delle campane e degli odori». Vista da «Peaceville» sembra un gigantesco luna park davanti al mare, dove è stata vietata per legge la solidarietà.
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