Migranti, la trattativa italiana sui ricollocamenti e i soldi per la cooperazione in Libia

La scadenza è stata fissata per mercoledì prossimo quando a Tallinn, in Estonia, si riuniranno i ministri europei di Interno e Giustizia. Se entro quel giorno non arriveranno «risposte dall’Unione Europea sulla gestione dell’emergenza migranti», l’Italia è pronta a far scattare il primo blocco navale. Non c’è alcun annuncio ufficiale, ma la dichiarazione del presidente del Consiglio Paolo Gentiloni che si aspetta «impegni concreti in quella sede», fa ben comprendere quale sia la strategia pianificata dal governo.

In realtà appare improbabile che sette giorni siano sufficienti per convincere gli Stati della Ue a fornire collaborazione. E dunque è possibile che Roma voglia tentare un’azione di forza proprio per misurare le reazioni a livello internazionale, ma anche la tenuta «interna». Al di là del plauso di numerose forze politiche, bisognerà infatti vedere se di fronte al divieto di attracco per le navi straniere che trasportano migranti, il fronte che adesso appare compatto continuerà a reggere.

Di questo dovrebbe parlare il ministro dell’Interno Minniti con i colleghi francese e tedesco in un incontro che si sta cercando di organizzare a Bruxelles tra lunedì e martedì in vista del vertice allargato.

La relocation

La richiesta dell’Italia a Bruxelles riguarda il rispetto degli accordi già siglati, primo fra tutti quello della relocation, approvato due anni fa, che si è però rivelato un fallimento. Il patto del settembre 2015 prevedeva la redistribuzione nell’arco di due anni di 40 mila richiedenti asilo giunti in Italia e Grecia. Il termine è quasi scaduto, ma dal nostro Paese sono partiti appena 7.281 profughi (compresi 642 minori). Ecco perché uno degli «impegni» che l’Italia vorrebbe far rispettare ai partner europei è l’immediato completamento delle procedure per il trasferimento degli altri 13 mila.Un’istanza che appare però destinata a rimanere inascoltata visto l’atteggiamento sin qui tenuto dalla maggior parte degli Stati. Se si esclude la Germania che ne ha accettati 2.946, a scorrere l’elenco dei Paesi che partecipano si comprende perfettamente quale sia la volontà di collaborazione. Nessuno ne ha accolti più di mille, il Belgio appena 150, il Lussemburgo 111, la Spagna 144, la Francia 330.

I finanziamenti

L’elenco preparato da Palazzo Chigi in coordinamento con il Viminale e già consegnato al commissario per gli Affari Interni Dimitri Avramopoulos prevede anche l’assegnazione di oltre 300 milioni di euro per finanziare gli interventi in Libia. È il fronte che vede impegnato in prima persona il ministro dell’Interno Marco Minniti. L’Italia ha infatti accettato di concedere al governo di Tripoli imbarcazioni, apparecchiature ed equipaggiamenti per il controllo del territorio e la lotta alle organizzazioni criminali che gestiscono le partenze. Ma anche di addestrare la Guardia costiera locale che dovrà cooperare con le forze navali italiane proprio per impedire l’attività degli scafisti. Più volte la Commissione ha promesso la consegna dei fondi, ma gli stanziamenti non sono ancora disponibili e questo dimostra, secondo il governo, «la volontà di isolare l’Italia anche in questa delicata trattativa che invece dovrebbe coinvolgere l’intera Europa». E ampliarsi «con un coinvolgimento nei negoziati già avviati per stringere accordi con i Paesi d’origine in modo da effettuare i rimpatri dei migranti economici che nessuno vuole accettare».

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