La piazza della sinistra con Pisapia: Ferilli, i dissidenti Pd e le bandiere rosse che oscurano lo streaming

(Afp)

L’entusiasmo e l’ardore del nuovo inizio no, quelli non c’erano. Però c’erano molto languore e molta tenera malinconia per un ritorno. Perché a piazza Santi Apostoli non c’era un nuovo inizio trionfante e tambureggiante. C’era il ritorno degli affetti, il ritrovarsi, il riabbracciarsi, il rivedersi. C’era la sinistra che si commuove alla parola sinistra. C’era il ritorno di un popolo disperso. Un giovane con la chitarra sul palco vedeva finalmente tornare le bandiere rosse. È tornato Leoluca Orlando, che anzi non se n’era mai andato. È tornata Sabrina Ferilli che dopo un fugace incantamento per i Cinque Stelle lascia a un ritornato Gad Lerner un messaggio che la piazza accoglie con un caloroso applauso. È tornato Antonio Bassolino, che sembra più giovane di vent’anni fa quando un D’Alema, anche lui tornato dall’Europa spietata e rottamatrice, lo aveva incluso nel partito dei sindaci «cacicchi».

Ora stanno nella stessa piazza di Pierluigi Bersani, tornato con le sue metafore, con Giuliano Pisapia, tornato dal vano tentativo di mettere insieme questa piazza e Matteo Renzi. È come se fosse tornata in una piazza Santi Apostoli che aveva conosciuto le notti trionfali dell’Ulivo l’immagine di una sinistra che fu. Non una piazza contro Renzi, che anzi è stato poco nominato, se non per allusioni e punzecchiature oblique. Ma una piazza che provava ad assaporare l’illusione di un mondo senza Renzi. Non contro, ma senza. Ed era una sensazione strana. C’erano i dissidenti del Pd che quasi si sentivano frastornati, in libera uscita.

Paragone azzardato

Andrea Orlando, appena arrivato, ha chiesto ripetutamente di Gianni Cuperlo, come se non avesse voluto restare da solo, e quando qualcuno gli diceva che questa piazza era «contro il Pd», lui replicava «non è così», e quando qualcuno gli diceva che era «contro Renzi», lui replicava ancora «non è così». C’era Cuperlo che spiegava come il centrosinistra a suo parere dovrebbe prendere spunto dall’Olanda anni Settanta, quella del calcio totale e di Johan Cruijff, ma se qualcuno gli faceva notare che poi quell’Olanda le prendeva dalla Germania, lui non è che si dimostrasse pentito per l’azzardato paragone. C’erano frammenti di una sinistra trattata in questi anni come un imbranato, parole di Renzi in una Leopolda, che cerca di infilare un vecchio gettone nel telefonino. Una sinistra che si è offesa e che rivendica, come ha detto Bersani, di avere almeno «un pensiero», a differenza, pare di capire, del cerchio dei pasdaran renziani. E però il rapporto tra la tradizione e la modernità deve essere molto complicato se un momento di forte tensione si è avuto quando dal palco hanno chiesto di non sventolare troppo le bandiere altrimenti si sarebbero oscurate le telecamere che riprendevano per lo streaming. Ma come, fischiavano allibiti dalla piazza, siamo venuti fin qui proprio per sventolare le nostre rosse bandiere di «Articolo 1», e voi ci dite di tenerle arrotolate? Ma no, rispondevano dal palco, è che così impedite a tanta gente sparsa per l’Italia di seguire questa manifestazione. Ecco, le due anime della sinistra che convivono con difficoltà si sono scontrate ancora una volta. Pisapia ha detto che in questa manifestazione prendeva forma la nuova «casa comune» della sinistra, ma si capisce che le tante sinistre presenti non riescono a mettersi d’accordo sull’arredamento e sulle icone da appendere alle pareti.

Simbologia e mitologia

Si ritrovano con affetto e anche dolcezza come se un usurpatore avesse strappato via la sinistra dal cuore della politica. E danno la colpa all’usurpatore Renzi se le cose vanno male. Ma vanno male per la sinistra in tutta Europa, il Partito socialista in Francia ha il 6 per cento, in Germania un disastro, lo stesso Jeremy Corbyn, che in questa piazza viene idolatrato, ha vinto rispetto alle aspettative ma in Gran Bretagna comunque c’è un governo dei Tories, e anche i democratici in America non se la passano bene e non hanno nemmeno un Renzi contro cui prendersela. Ma qui vogliono riappropriarsi di una simbologia, di una mitologia, di una storia, di una tradizione, di un linguaggio, di una piazza. Per questo il sentimento del «ritorno» è così più forte di un «nuovo inizio» di cui non si sente la spinta combattiva, per la verità. E non si sente neanche una parola concreta su quello che dovrebbe essere fatto da qui alle elezioni, e come presentarsi e con chi.

L’eterno ritorno

«Insieme», dice l’insegna della manifestazione. Ma insieme a chi? Intanto insieme in una piazza con le bandiere, le canzoni e gli slogan che più stanno a cuore. Anche alla presidente Laura Boldrini che qui dismette l’abito istituzionale per reimmergersi nella sinistra di cui è figlia. Ai fuoriusciti del Pd divisi in tanti gruppi, alla vecchia sinistra, ai Verdi riesumati per l’occasione, a coloro che stanno ancora nel Pd con disagio come Orlando, Cuperlo, Cesare Damiano e non vorrebbero sentire nominare Renzi e scuotono la testa se invece devono commentare le parole di chiusura alla coalizione del segretario a Milano. E cercano una bandiera, rossa, da sventolare «insieme». L’eterno ritorno.

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