Roma, ultima follia M5s: arrivano i mental coach per fare lavorare i rom
Il rom seduto e «lui» in piedi che, con voce il più possibile convincente, gli dice: «Basta chiedere l’elemosina, vivere in una roulotte e sentirti un figlio del vento.
Forza. Devi trovare in te le motivazioni per cercare un vero lavoro, una casa normale ed essere – ventilazione a parte – un figlio del bene». Ma chi è «lui»? Uno dei «mental coach» che il Campidoglio pare intenzionato a reclutare per «convincere i nomadi a trovarsi un’occupazione, trasferendosi in una stabile abitazione dove condurre un’esistenza civile».
A svelare il filantropico obiettivo del Comune di Roma è stato Il Messaggero che, scartabellando nel capitolato di gara del Piano Rom approvato dalla giunta Raggi, ha scoperto un paragrafo dedicato alle «azioni per l’inclusione lavorativa delle comunità nomadi». Sembra una barzelletta, invece è tutto tragicomicamente serio. A nutrire perplessità sull’iniziativa è proprio la categoria che dovrebbe essere più entusiasta: e cioè quella dei mental coach, una via di mezzo tra strizzacervelli e personal trainer.
«Sperare di trasformare l’etnia rom in una comunità dalle caratteristiche occidentali è un progetto perdente in partenza – spiega al Giornale Massimo De Vivo, life mental coach con 20 anni di esperienza – I nomadi appartengono a una cultura che non può essere irregimentata in canoni sociali diversi, o addirittura opposti, alle loro tradizioni. La motivazione è come il coraggio manzoniano: se uno non ce l’ha, non può darselo. Insomma per avere successo il mental coach deve trovare un terreno fertile da poter coltivare, ma se quel terreno è arido resterà tale. Insomma, se non si è recettivi alla motivazione, il mental coach è destinato a fallire. E i rom tutto mi sembrano, meno che siano recettivi alla motivazione». Ma Virginia Raggi, evidentemente, la pensa in maniera diversa. E così ha deciso di reclutare una squadra di psico-assistenti che dovranno cimentarsi in un’impresa senza precedenti: convincere i rom della Barbuta e della Monachina a smantellare le baracche, trasferirsi in un appartamento e andare a lavorare guadagnandosi legalmente quei soldi che ora tendono a racimolare mendicando; ma sappiamo tutti che c’è chi fa ben di peggio.
Al servizio h24 dei nomadi ci saranno dei «mentoring and personal coaches» che si occuperanno «di fornire il supporto adeguato in termini di strumenti e competenze per le prime fasi di avvio delle iniziative imprenditoriali aiutando gli ideatori a fare le scelte giuste in ordine ai processi lavorativi e strategici». Previsti inoltre corsi di «talent management» e di «personal development programs», per sviluppare «talento, doti comunicative e capacità relazionali». Insomma, una specie di evoluzione bocconiana del rom.
«I costi dell’operazione non sono ancora chiari – precisa il documentato servizio del Messaggero – e probabilmente si capiranno meglio quando la commessa verrà assegnata. Di certo si sa che il Piano Rom, in totale, costerà alle casse del Campidoglio 3,8 milioni di euro, in gran parte ricavati dai fondi messi a disposizione dall’Unione europea. Il Comune pagherà un contributo per l’affitto fino a 800 euro al mese, per un massimo di due anni, ai rom a basso reddito. Il resto verrà impiegato per aiutare i residenti delle baraccopoli a trovare lavoro. Se con i personal coach non dovesse funzionare, ci penserà il Comune a finanziare l’avvio delle attività imprenditoriali dei nomadi, mettendo sul piatto fino a 5mila euro a persona». I romani disoccupati e in lista di attesa per una casa popolare saranno certo entusiasti del progetto.
IL GIORNALE