Padova, lo stipendio dei docenti universitari deciso (anche) dal giudizio dei ragazzi
PADOVA Chi parla di rivoluzione non esagera. Per la prima volta in quasi ottocento anni di storia, all’ Università di Padova lo stipendio dei docenti dipenderà almeno in parte dal giudizio degli studenti: ieri il consiglio di amministrazione di Ateneo ha infatti approvato all’ unanimità il regolamento per l’ attribuzione degli scatti stipendiali triennali, con cui si stabiliscono i parametri per sbloccare la progressione economica dei professori. E fra i requisiti spunta l’opinione positiva degli studenti sull’ attività didattica: insomma, chi meglio insegna più guadagna. E chi non piace agli studenti resta a bocca asciutta. Il regolamento prende le mosse dalla riforma Gelmini, che affida ai singoli atenei la valutazione dell’ impegno didattico, scientifico e gestionale per riconoscere gli scatti: i docenti devono presentare la domanda all’ università di appartenenza, che concede o nega l’ aumento in base a un regolamento interno.
Quello approvato ieri dal Bo prevede una commissione con tre docenti nominati dal rettore Rosario Rizzuto e tre ambiti di accertamento: attività didattica, produzione scientifica, attività gestionali. La didattica comprende la compilazione della piattaforma «Syllabus» (curriculum, elenco delle pubblicazioni, programma dei corsi, orari di ricevimento) e del registro didattico online, il pieno assolvimento dei compiti didattici e (appunto) l’ opinione positiva degli studenti; per quanto riguarda la ricerca, il docente deve aver prodotto «almeno tre pubblicazioni o una monografia» sottoposte alla Valutazione della qualità della ricerca (Vqr) ed «essere stato soggetto attivo nella partecipazione alla Vqr» (l’ ultima è stata boicottata da un ristretto gruppo di docenti proprio per protestare contro il blocco degli scatti); nell’ ambito delle attività gestionali, infine, i docenti devono aver partecipato «ad almeno il 60% delle sedute degli organi collegiali di dipartimento».
Per ottenere lo scatto, serve la sufficienza in tutti gli ambiti di accertamento; chi viene bocciato in uno o più ambiti può ripresentare la domanda l’ anno dopo e intanto viene escluso «dalle commissioni di abilitazione, selezione e progressione di carriera, nonché dagli organi di accertamento dei progetti di ricerca e dai finanziamenti di ricerca di Ateneo». Per ora, con il regime transitorio approvato ieri, la bocciatura nell’ ambito dell’ attività didattica riguarda solo chi non compila il syllabus e il registro didattico o non assolve i compiti didattici; entro sei mesi, però, il Bo emanerà un regolamento applicativo che renderà vincolante anche l’ opinione degli studenti grazie al perfezionamento dei questionari. Da qualche anno, infatti, alla fine di ogni corso gli studenti ricevono un questionario per valutare l’ attività del docente.
Somministrati per ragioni di trasparenza, i feedback hanno provocato diverse polemiche: nel 2013 due docenti a contratto vennero rimossi proprio per la «pagella» negativa degli studenti, mentre nel 2014 l’ Ateneo decise di sostituire le formule generiche di fascia «alta» e «bassa» con i voti numerici da 1 a 10 (dopo aver alzato la soglia della sufficienza da 5,5 a 6). In Veneto, il primato del legame tra opinione degli studenti e scatti stipendiali spetta a Ca’ Foscari, dove viene accolta solo la domanda di chi nel triennio ha ricevuto «una valutazione media da parte degli studenti frequentanti non inferiore al 50% del massimo ottenibile». Ora la tendenza alla meritocrazia ha contagiato anche l’ Ateneo più grande e antico del Nordest. E gli studenti padovani possono esultare: «Siamo molto contenti, è da anni che spingiamo in questa direzione – dice Riccardo Michielan del Sindacato degli studenti -. Modificheremo gli indicatori dei questionari perché la valutazione non è univoca e non tutti la ricevono. La novità non piacerà a tutti i docenti, ma per noi è un bel passo avanti». O forse una rivoluzione.
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