Vitalizi, Camera approva ddl Richetti. Scontro M5s-Pd. Di Maio: “Nostra vittoria”. Rosato: “Tu hai un capo, noi partito”
ROMA – Via libera dell’Aula di Montecitorio al ddl Richetti che applica il metodo contributivo ai vitalizi degli ex parlamentari. Hanno votato a favore 348 deputati, 17 contrari, 28 astenuti. Il provvedimento passa ora all’esame del Senato. Il commento del primo firmatario del ddl, Matteo Richetti: “Sono soddisfatto, il voto è stato quasi all’unanimità, significa che il lavoro effettuato ha prodotto un consenso molto importante”.
Acceso il dibattito politico, sia per la rivendicazione della primazia fra Pd e M5s nella paternità della proposta, che per l’opposizione di Forza Italia e altri gruppi di centro. Numerosi i richiami alla supposta incostituzionalità del testo e all’eventualità che la Corte costituzionale possa cassarlo in tutto o in parte. Ma si segnala anche il coro da stadio sollevatosi dai banchi del M5s prima dell’approvazione, nonostante i numerosi richiami della presidente Laura Boldrini. Il dem Fabio Rampi, dopo l’esito del voto, intravede anche un dito medio: “C’è il video, se serve dirò anche il nome della collega che ha mostrato così la sua eleganza, facendo per due volte il dito medio. Porta un cognome importante, lo stesso del leader del suo movimento”. L’identikit porta a Giulia Grillo, che su Facebook nega si trattasse del dito medio. “Usando gli indici, ho detto che questa è la prima legge buona che approva questo Parlamento”. Boldrini: “Se ne occuperà l’ufficio di presidenza”.
Non è stata evidentemente una seduta semplice. Il voto è slittato nel tardo pomeriggio, perché la conferenza dei capigruppo della Camera ha dovuto rivedere i tempi dell’esame della proposta di legge dopo essere stata convocata su sollecitazione in Aula dal deputato M5S Danilo Toninelli. Primo sviluppo di una seduta segnata dallo scontro in Aula tra M5S e Pd. In mattinata, l’esame dell’articolo 13 del ddl, quello che sancisce la rideterminazione degli assegni vitalizi, aveva innescato una lunga discussione in cui erano intervenuti diversi gruppi. Un fiume oratorio che aveva fatto scattare la reazione del M5s, a sua volta accusato in precedenza di aver fatto ostruzionismo.
Quando era parso inevitabile lo slittamento, Toninelli aveva chiesto la convocazione della capigruppo accusando il Pd e i deputati di altri gruppi “conniventi con il Partito democratico” di fare “ostruzionismo” e di “violare così l’accordo che diceva che oggi entro le 14 la proposta di legge sui vitalizi sarebbe stata legge. Noi vogliamo approvarla entro oggi o entro la settimana. Non permetteremo mai che venga rinviata a settembre”.
Piccata replica di Ettore Rosato, capogruppo dem: “La faccia tosta deve avere una certa dimensione sennò diventa imbarazzante. Stamattina sono stati i deputati M5s a intervenire in continuazione e ora questo intervento di Toninelli, quando tutti stanno intervenendo sugli emendamenti, riapre il dibattito. Siete voi che non volete votarlo. Noi vogliamo votarlo entro oggi”. Anche il capogruppo della Lega, Massimiliano Fedriga, aveva manifestato la volontà di voler approvare entro oggi la legge Richetti: “Per questo noi siamo disponibili a soprassedere al question time per approvare il provvedimento entro le 16”. La proposta del Carroccio era stata respinta.
Una volta arrivato il momento delle dichiarazioni di voto, Luigi Di Maio ha rivendicato l’abolizione dei vitalizi come una vittoria del M5s. “Oggi è una data storica, c’è voluta quasi un’intera legislatura per abolire i vitalizi, quattro anni e quattro mesi, per giungere dove siamo oggi. E’ una nostra vittoria. Dentro il Pd ve lo volete tenere stretto il vitalizio, ma non avete possibilità di allontanare da voi questo amaro calice. È scacco matto. E dovete fare pure finta che vi piaccia”.
Nel suo intervento, Ettore Rosato ha spiegato e replicato: “Noi non siamo qui a difendere i privilegi, noi qui tagliamo i nostri privilegi, altri fanno la campagna sui privilegi degli altri”. Quindi, la frecciata a Di Maio: “Lui ha uno stipendio più alto del mio, con scontrini, etc. Loro, i Cinque Stelle, hanno un capo, un blog e chi non si adegua viene espulso, io ho invece un partito” che è uno strumento di democrazia.
Mdp si è astenuto dal voto. “Sono sicuro che gi italiani capiranno la nostra posizione – ha detto Gianni Melilla in Aula, durante le dichiarazione di voto -. Siamo sotto attacco, attenzione, l’Inps ha un disavanzo di 46 mld, a partire del fondo del clero”, ha ricordato l’esponente Mdp, chiedendo di guardare alla situazione generale, ai problemi dei giovani: “Che cosa diciamo ai giovani per cui la pensione è una chimera?”. Ma Mdp ha dovuto incassare, pur protestando, la stilettata di Ettore Rosato: “Lo dico ai colleghi che sono qui alla nostra sinistra, a mezza sinistra: ieri si sono astenuti sull’emendamento di Sisto che diceva che chi entra qui può avere stipendi diversi. Se faceva l’operaio, continui ad avere lo stipendio da operaio. E su questo vi siete astenuti”.
I parlamentari di Forza Italia sono rimasti in Aula ma non hanno partecipato al voto. Decisione, a quanto si apprende, presa nel corso della riunione del gruppo a cui ha partecipato telefonicamente anche Silvio Berlusconi, che ha bollato il provvedimento come incostituzionale e lesivo dei diritti degli italiani, perché a rischio per la retroattività ci sono 20 milioni di pensioni. Ma non tutti hanno seguito Silvio: le deputate Mariastella Gelmini e Daniela Santanchè hanno votato a favore, in dissenso con la linea.
“In quest’Aula – ha affermato il forzista Simone Baldini in sede di dichiarazione di voto – non c’è Matteo Renzi che insegue Grillo sull’antipolitica. Non c’è Grillo. Non c’è Berlusconi e non c’è Salvini. E’ un problema grosso per questo Parlamento che passa come un luogo dove le scelte politiche vengono ratificate e non fatte”. Baldelli ha definito il ddl Richetti una legge scritta “male, con i piedi. Siamo alla beffa di fare una operazione di propaganda. Se si sa che una cosa è incostituzionale e sarà abolita non la si faccia: si eviti di prendere in giro i cittadini raccontando balle. Questa legge ve la votate voi”.
Posizioni contrastanti, quindi, rispetto alle modalità con cui la politica vorrebbe porre fine ai tanto discussi vitalizi, avvolti da un alone opaco persino nelle loro origini. Istituiti – dapprima come elargizioni, per essere trattate col tempo alla stregua di pensioni – nel 1954 in autodichia (particolare prerogativa dei due rami del Parlamento di risolvere, attraverso un organismo giurisdizionale interno, le controversie insorte con i propri dipendenti) con una delibera dell’ufficio presidenza del Senato, elaborata da un comitato segreto i cui componenti non sono mai stati divulgati. Una storia, quella della delibera del 1954, raccontata nel libro Sotto il tappeto, autocrinia e altri segreti di Palazzo di Irene Testa, prefazione di Sergio Rizzo (edito da Aracne).
Elargizioni dunque, non pensioni. Infatti, lo stesso Ettore Rosato nel suo intervento in Aula durante le dichiarazioni di voto, ha sottolineato, rispondendo anche ai dubbi sulla costituzionalità della legge: “Il vitalizio non è una pensione, è un’altra cosa. Ce l’hanno detto nelle audizioni i costituzionalisti. Ci hanno detto: potete farlo. Noi non vogliamo toccare alcuna pensione, vogliamo occuparci solo dei vitalizi e lo facciamo con uno strumento adeguato”.
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