La razza italiana esiste. Ed è dannata

Ogni giorno il Pd ci offre una chicca benefica per distrarsi da caldo e afa. Seguire il dibattito interno al partito di Renzi è diventato cult, un po’ come guardare Paperissima o, una volta, Scherzi a parte.

Ancora non si è spenta l’eco dello psicodramma per l’abbraccio di Pisapia alla Boschi che irrompe sulla scena lo sdegno collettivo e democratico per una frase pronunciata da Patrizia Prestipino, che ieri abbiamo scoperto essere membro della direzione e responsabile del dipartimento animali del Pd. Commentando ai microfoni di Radio Campus un’altra perla del dibattito a sinistra (la polemica sull’istituzione annunciata da Renzi di un «Dipartimento mamme», ritenuto da molti compagni un’inaccettabile scelta sessista), la renziana Prestipino ha detto che si tratta di una scelta giusta, perché noi italiani «per continuare la nostra razza dobbiamo dare sostegno alle mamme».

Razza? Vabbè, alla signora (con un passato politico turbolento e avventuroso), non hanno spiegato che noi umani non ci classifichiamo in razze in base al Paese di origine, come accade nel mondo animale, tipo pastore belga, pastore tedesco o pastore bergamasco. La razza umana è un po’ più difficile da inquadrare, come dimostra la stessa Prestipino. Ma se proprio vogliamo definirci, mi appellerei a Giuseppe Verdi che nel suo Rigoletto ci definì «cortigiani vil razza dannata». Concetto fatto suo oltre mezzo secolo più tardi da Indro Montanelli, che su questa italica caratteristica ha costruito il cardine del suo pensiero controcorrente.

La razza italiana è composta da un manipolo di eroi, martiri e santi e da una moltitudine di cortigiani intellettuali e uomini comuni, benestanti e poveracci in questo uguali sono – che attaccano il cappello dove trovano vantaggio e convenienza, cioè all’uomo forte di turno. Che sia un invasore, che si chiami Mussolini, Berlusconi o Renzi poco cambia. Dove tira il vento, la «razza italiana» va, stando attenta a non mettere mai radici, soprattutto in politica. Non mi sorprende quindi che un tipo come la Prestipino (nulla di personale, questa gaffe me la rende simpatica) sia approdata alla corte di Renzi dopo essere stata in Democrazia proletaria. La domanda è un’altra: chi e perché l’ha fatta entrare. O meglio: ma questo, che razza di Paese è?

IL GIORNALE

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