Vitalizi in trappola al Senato: il no di Sposetti fa proseliti
GIOVANNA CASADIO
Roma – L’armata del compagno Ugo Sposetti è eterogenea ma consistente. Contro i tagli alle pensioni dei parlamentari si muove un vasto fronte che l’ex tesoriere dei Ds, lunga militanza comunista, istinto a fare il bastian contrario, avversario degli anti-casta, è sicuro di riuscire a organizzare. «I tagli alle pensioni dei parlamentari li affosso al primo voto»: ripete ancora ieri, giudicando «un pateracchio» la legge che porta la firma del collega dem Matteo Richetti, che impone il ricalcolo contributivo per le pensioni dei parlamentari, con effetto retroattivo. Di fatto un bel taglio del 40%. Già passata alla Camera con 348 sì, da settembre al Senato si annunciano sabbie mobili.
Soprattutto ci sono le perplessità del Pd, partito dello stesso Sposetti, stretto tra la competition con i 5Stelle che la vogliono subito così o anche più restrittiva, e diverse considerazioni di opportunità. Sulla battaglia anti-casta ad esempio, non ci stanno i compagni di Mdp: 16 senatori che non la voteranno, forse astenendosi come già alla Camera solo che a Palazzo Madama astenersi equivale a voto contrario.
Felice Casson, magistrato, senatore passato dal Pd ai demoprogressisti, spiega: «Gli aspetti incostituzionali sono tali che il primo che fa ricorso lo vince. Sulla retroattività si introduce un vulnus generale che varrebbe poi per i lavoratori tutti. Suggerisco di non prendere le cose alla leggera. Si rischia di buttare via ogni sforzo e di peggiorare la situazione creando uno stallo per chissà quanto tempo».
Nessun partito politico in questa pre-campagna elettorale è disposto a dire che i privilegi dei politici non vanno toccati. Però i tagli alle pensioni non sono digeribili per Forza Italia. Lucio Malan, senatore forzista, ritiene che la strada sarà a Palazzo Madama quella già percorsa a Montecitorio: Fi non partecipa al voto. Perché? «È una proposta di facciata, scritta male, usata solo come annuncio pre-elettorale per lucrare un po’ di consenso, appoggiata anche dalla Lega il cui leader Salvini, eurodeputato, ha un regime assai più privilegiato del nostro. Se passasse così com’è questa legge metteremmo a rischio tutte le pensioni italiane. Non si può introdurre i principio del ricalcolo retroattivo». Questioni giuridiche. Ma ce ne sono anche legate alle convenienze personali, perché chi ha alle spalle più legislature ne viene personalmente penalizzato.
Lucio Barani, capogruppo dei verdiniani, l’uomo dal garofano rosso così soprannominato (porta sempre all’occhiello un garofano in nome della fede craxiana) conteggia: «Penso che noi 14 senatori di Ala non la voteremo compattamente, almeno nel testo attuale. Faccio l’esempio di una personalità recentemente scomparsa e di cui faremo la commemorazione: con quale faccia avremmo tagliato la pensione a Guido Rossi insigne giurista?».
Farà la differenza la rotta impressa dal Pd. Francesco Russo, segretario d’aula dei Dem, abituato quindi a tenere unito il gruppo dei senatori, è sicuro che «la legge non sarà insabbiata, al netto delle posizioni provocatorie di Sposetti». Tuttavia «la faremo ma la miglioreremo, vanno dissipati i dubbi rispetto ai problemi di costituzionalità». E poi c’è una questione politica, lasciapassare per la prossima legislatura: «No ai privilegi, senza se e senza ma. Però la politica è servizio, è una cosa degna e non c’è da fare la rincorsa ai grillini, che peraltro non paga elettoralmente». «La legge è da fare – ragiona Linda Lanzillotta, che di legislature ne ha tre – bisogna eliminare le distorsioni rimaste in piedi, ma bisogna essere consapevoli del rischio che ci sia un vulnus nella retroattività per gli stessi lavoratori ordinari. Ai parlamentari dovrebbe essere dato in fatto di pensioni il regime dei lavoratori autonomi».
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