Barcellona, le rivelazioni del terrorista. Uno degli arrestati racconta i segreti della cellula

dal nostro inviato CARLO BONINI

BARCELLONA-  C’è un uomo che “parla” nell’inchiesta sulla cellula di Ripoll. Ed è quello che ha consentito di farle fare il salto in sole 72 ore. Di mettere a fuoco l’esistenza e il ruolo chiave dell’imam Abdel Baki Essati. Si chiama Mohamed Houli Chemlal. Ha 21 anni ed è originario di Melilla. È l’unico sopravvissuto all’esplosione del laboratorio-santa Barbara di Alcanar. Dal momento in cui le sue condizioni sanitarie lo hanno consentito, le sue dichiarazioni sono state raccolte dagli investigatori dei Mossos d’Esquadra, diventando una bussola preziosa.

Perché solo Mohamed sapeva chi e quanti uomini fossero all’interno di quella casa al momento dell’esplosione. Solo lui era in grado di ricordare che fossero tre, oltre a lui. Al punto da indirizzare il lavoro della Scientifica tra cumuli di macerie e lamiere di bombole divelte (ne erano state ammassate 120) alla ricerca di ciò che restava di brandelli carbonizzati appartenenti, appunto, a tre corpi diversi. Di cui Mohamed ricorda bene l’identità, tanto da far dire ufficialmente alla Polizia catalana che già ora, nonostante non siano stati ancora completati gli esami del Dna, «almeno due dei tre uomini attualmente ricercati, sono sicuramente ciò che resta dei resti umani trovati ad Alcanar».

Per tre giorni – dice a Repubblica una qualificata fonte di Intelligence – la collaborazione di Mohamed Houli Chemlal è stato uno dei segreti meglio custoditi dall’indagine. Al punto che, per oltre 36 ore, nonostante figurasse tra gli arrestati, non era stata rivelata neppure la sua identità. Ora, quel segreto cade e, domani, martedì, comparirà a Madrid di fronte ai giudici istruttori antiterrorismo dell’Audienca Nacional assieme agli altri arrestati, perché i suoi verbali di polizia entrino formalmente nel fascicolo dell’indagine sulla strage della Rambla. Con tutto il resto delle evidenze, scientifiche e documentali, che nel frattempo l’indagine di polizia è andata accumulando. Molte. Utili a ricostruire i fili che annodano la cellula ad almeno tre Paesi europei – Francia, Belgio, Svizzera – e a profilare ancor di più e meglio gli ultimi movimenti dei suoi uomini nelle ore precedenti la strage.

MAROCCO, FRANCIA, BELGIO  E’ stato accertato che buona parte dei dodici uomini della cellula abbiano raggiunto il Marocco nella seconda metà del luglio scorso, per farvi ritorno nella prima metà di agosto. Quasi tutti sono originari di Mrirt, città di 30 mila abitanti all’interno del Paese. L’ultimo a rientrare in Spagna, Driss Oukabir, il fratello maggiore di Moussa, il 13, con un volo proveniente da Tangeri. Ma è stato anche documentato che Mohamed Hychami, 24 anni, uno degli uomini uccisi nella notte tra giovedì e venerdì a Cambrils sull’Audi A3 fermata a un posto di blocco, l’11 agosto era stato in Francia.

Sei giorni prima della strage, infatti, viene registrato il pagamento con la sua carta di credito del pedaggio dell’auto su cui viaggiava a La Junquera, sull’autostrada che, attraversando il nord della Catalogna, collega Loret de Mar con Perpignan. E quell’auto era l’Audi A3. La stessa, la cui targa, nel marzo scorso, viene fotografata da un rilevatore di eccesso di velocità in una delle arterie a grande scorrimento della regione di Parigi. Anche se, in questo caso non è dato sapere chi fosse al volante. Se Hychami o Mohamed Allaa, che dell’Audi era il proprietario.

Ricostruiti anche gli spostamenti in Belgio dell’imam Essati. Per due anni (dal 2010 al gennaio 2012) rinchiuso nel carcere di Castellon, nell’estremo ponente della Catalogna (e questo spiegherebbe la ragione di aver scelto la vicina Alcanar come sede del laboratorio-santa Barbara), Essati, nel marzo dello scorso anno, il 2016, risiede per tre mesi in Belgio, a Vilvoorde, Comune alle porte di Bruxelles ed enclave islamista da cui sono partiti i maggiori flussi di foreign fighters diretti dal Belgio in Siria per arruolarsi nella fila dello Stato Islamico. In cerca di lavoro, sembra. Sicuramente senza registrarsi nel Paese (come ha detto ieri il ministro belga dell’Immigrazione Theo Francken, nello spiegare che non c’è traccia del nome dell’Imam nei registri di residenza di quel Comune). E verso il Belgio, nei giorni precedenti la strage, vengono anche registrate due chiamate dalle utenze telefoniche nella disponibilità della cellula. Di quale rilevanza e a chi rispondano quelle utenze è stato chiesto alle autorità belghe.

LA MOTO DEL FUGGITIVO Ormai nitidi sono anche alcuni degli spostamenti della cellula nelle ore precedenti la strage. Le telecamere del pedaggio di Cambrils registrano il passaggio dell’Audi A3 che poi verrà coinvolta nella sparatoria e quello del furgone bianco che sarà abbandonato a Vic.

Mentre il ritrovamento a Ripoll, dietro la casa dei fratelli Oukabir, della moto Honda del fuggitivo Youssef Abouyaaqoub, accredita l’ipotesi che, tra le nove del mattino del 17 agosto e le prime ore del pomeriggio, sei uomini della cellula si mossero a distanza di poche ore gli uni dagli altri verso Barcellona. Quattro su un furgone e due – Abouyaaqoub e Moussa Oukabir – su un altro veicolo.

LE IMPRONTE DIGITALI SUL VAN E, a proposito di van, quello utilizzato sulla Rambla è una miniera di evidenze forensi. Impronte digitali, soprattutto. Sul volante, sul cambio, sul cruscotto. E se è vero che trattandosi di un veicolo a noleggio non necessariamente potrebbero appartenere a chi lo ha guidato per ultimo, è altrettanto vero che i Mossos sono convinti che per numero e collocazione sia questo il caso. E, dunque, potrebbero diventare decisive per collocare sul furgone l’uomo che si vuole lo guidasse. Youssef Abouyaaqoub. L’uomo ancora al largo cui viene da due giorni data la caccia lungo il confine tra Catalogna e Francia.

REP.IT

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