Milano, sequestrato da una coppia di amici. «Le mie 24 ore vittima di violenze»
Inizio di agosto, notte. Una macchina sfreccia in direzione Colico, Valtellina. Continua a cambiare velocità, a scatti. «Guidavo, lui seduto di fianco. Minacciava di sgozzarmi con un grosso coltello. Mi diceva che velocità doveva segnare il contachilometri e ad ogni “errore” mi tagliava le braccia, le mani, mi spegneva le sigarette sulla guancia. A un certo punto ha perforato di colpo il cruscotto con la lama, urlando che me lo avrebbe fatto al cuore». Questa è la storia di un ragazzo appena maggiorenne che ospita un amico conosciuto da poco in compagnia, lo aiuta perché quello dice di essere stato «sbattuto fuori di casa» e gli chiede un appoggio per qualche giorno: l’ospite si presenta però con la sua fidanzata, che di anni ne ha 15, nonostante lui ne abbia 22 e una mezza pagina di precedenti penali per violenza e minacce.
Dura poco, la «convivenza»: un tempo breve nel quale il padrone di casa, che forse è soltanto un po’ debole di carattere, alla fine si ritrova oppresso, al centro di un gioco sadico e violento, alimentato di certo dall’alcol e forse da altro. I carabinieri, nelle denunce, parlano di una situazione da «arancia meccanica»: la coppia adesso è indagata.
La Valtellina resta lo scenario di questa violenza, provincia in cui un piccolo balordo può giocare a fare l’onnipotente. «Li conoscevo da un mese – ha raccontato la vittima, che ha un lavoro regolare – ogni tanto lui in compagnia aveva atteggiamenti aggressivi, ma mai contro di me. L’ho ospitato e s’è presentato a sorpresa con la fidanzata. Da subito si sono comportati da padroni. Hanno preteso le chiavi della macchina e dell’appartamento. Io di giorno lavoro, tornavo e c’erano bottiglie in giro, urlavano tra loro, ma uscivamo, era sopportabile. Una sera guidava lui e mi ha distrutto l’auto schiantandosi contro un palo, sono arrivati i carabinieri e gli hanno tolto la patente. Iniziavo a capire che non poteva durare così». La situazione degenera. Un vicino di casa si lamenta col ragazzo e gli dice che non può più ospitare persone, troppo disturbo. «Entro in casa e lo vedo già molto alterato, con le braccia piene di tagli – denuncia la vittima -. Gli ho detto che non poteva più stare da me e gli sono venuti occhi di fuoco. Brandiva il coltello, con la ragazzina che rideva, si auto infliggeva tagli ancora più profondi, poi contro di me. Ho iniziato ad avere veramente paura. Per non stare da soli, ho proposto di andare da qualche parte». Ma il tragitto si trasforma in un incubo. Oppressione psicologica, piacere della violenza fisica. «Siamo tornati a casa alle quattro del mattino di domenica. Mi hanno fatto sedere sul divano, lui a un certo punto ha preso la mazza da baseball appoggiata alla parete e me l’ha picchiata sul ginocchio, sentivo le ossa come frantumate. Mi ha chiesto: “Ti ho fatto male?”, io ho detto sì, tra le lacrime, e loro ridevano. Non so esattamente cosa sia successo dopo, mi hanno fatto ingerire una boccetta di tranquillanti, ho perso i sensi».
Quando si sveglia, il ragazzo si ritrova chiuso a chiave dentro casa, con le persiane tutte chiuse, senza documenti, senza telefono, senza chiavi, senza forze. «Loro dormivano, avevo paura di fare rumore, non riuscivo a muovermi, trascinavo la gamba e mi faceva male dappertutto. Sono ripiombato sul divano, senza via di uscita». A un certo punto ricompare in salotto lui, con il coltello: «Me lo ha puntato alla gola, mi ha informato sul “programma della giornata”. Non dovevo andare al lavoro, dovevo ritirargli 600 euro al bancomat, procurargli un nuovo telefono, spacciare, e saremmo andati a conoscere un tizio, uno che avrebbe ammazzato la mia famiglia se parlavo. Siamo usciti insieme». La «liberazione» è arrivata in modo inaspettato: «Quasi subito, dalla tanta paura, sono svenuto». Alcuni passanti si accorgono della scena, si avvicinano, il ragazzo si risveglia poco dopo sull’ambulanza, ma a quel punto dei suoi aggressori non c’è più traccia. I due, indagati, sono ora fuori dall’Italia; sui social postano foto della «vacanza». Il ragazzo, dopo la denuncia, è tornato a vivere con sua madre: «Non voglio mai più vedere la mia casa».
CORRIERE.IT
This entry was posted on venerdì, Agosto 25th, 2017 at 08:20 and is filed under Cronaca, Lombardia. You can follow any responses to this entry through the RSS 2.0 feed. You can skip to the end and leave a response. Pinging is currently not allowed.