Le nuove rotte, le foto, gli affari delle coop Ecco cosa cambia per noi con la svolta di Parigi
All’inizio di agosto, la Germania è stata tra i primi Paesi europei a chiedere ad Atene di riprendersi i migranti che, in base agli accordi di Dublino, dovevano chiedere l’asilo in Grecia in quanto prima nazione in cui erano sbarcati.
La Grecia, a causa della crisi economica e di alcune sentenze della Corte europea, era stata esonerata di fatto dal «sistema Dublino» fin dal 2011. Ieri la Germania ha anche stretto un accordo con l’Egitto per frenare le partenze di migranti verso l’Europa e accordato finanziamenti alla Libia allo stesso scopo. Basta mettere questi fatti in fila per capire che la svolta dell’Europa verso i migranti è innanzitutto una svolta tedesca. Legata innanzitutto al fatto che a settembre si vota a Berlino. La Merkel ha capito che l’Italia non si sarebbe prestata più a fare da campo profughi per conto del resto d’Europa e ha deciso di appoggiare la linea del nuovo governo, dettata da Minniti, che ha ribaltato quella precedente, voluta dal due Renzi-Alfano. È la fine della «emergenza sbarchi»? Probabilmente no. Ma la svolta politica sull’asse Berlino-Bruxelles-Roma cambierà parecchie cose.
LE ROTTE
Le mafie degli scafisti in questi anni hanno guadagnato da 400 a 700 milioni l’euro l’anno dalla loro letale attività di trasporto. Queste organizzazioni criminali hanno addentellati internazionali, Europa inclusa, come dimostrano le inchieste della Procura di Palermo che hanno seguito il flusso del denaro dei trafficanti eritrei fino a Francoforte. Le organizzazioni dunque hanno avuto modo da tempo di fiutare che il vento era cambiato. E se una parte dei trafficanti dismetterà l’attività in cambio dei finanziamenti in arrivo dall’Europa, altri cercheranno di continuare il traffico su altre rotte. Negli ultimi tempi infatti, a fronte del calo verticale degli sbarchi in Italia registrato ad agosto, si è avuta l’apertura di nuove rotte: dal Marocco verso la Spagna e anche attraverso il Mar Nero. Vedremo se qualcuna di queste rotte diventerà florida come quelle usate finora.
LE ONG
Alcune delle organizzazioni che hanno aperto il«corridoio umanitario» in mare che ha fatto lievitare flussi e numero di vittime, hanno firmato il «codice Minniti» e ridotto l’attività. Altre, confidando anche sull’appoggio di ricchi contributori e volti noti dello spettacolo (dai Coldplay a Bono Vox), tenteranno di aumentare la pressione sui politici, specie a ridosso di appuntamenti elettorali, attraverso azioni di lobbying e campagne mediatiche che facciano leva sul senso di colpa.
I CAMPI IN AFRICA
Per anni Tg e pagine dei giornali si sono riempite di immagini, spesso fornite dalle Ong, che ritraevano le fasi dei salvataggi in mare, in particolare quelli di bambini.Alle Ong queste campagne servono per mostrare ai donatori il proprio attivismo. Alcune hanno già trasferito l’attività nell’Africa subsahariana, dove si ammassano in campi dalle condizioni di vista sono durissime, i migranti che trovano la porta della Libia sbarrata. Le nuove immagini di disperazione avranno il deserto come fondale.
LE COOP
Non esiste una stima concreta di quante persone in Italia lavorino nel sistema dell’accoglienza, ma sono migliaia. A Mineo, il centro d’accoglienza più grande di tutti, lavorano in 375. A Bologna, le coop dell’accoglienza dal 2014 al 2016 hanno assunto 60 persone. Dall’inizio del 2017 ne erano state ingaggiate altre 167. Un intero mondo di imprese che portava voti a esponenti cattolici e di sinistra, spartendosi i 2,8 miliardi di euro che lo Stato spenderà nel solo 2017, rischia di andare in crisi. Ma non subito, perché la macchina burocratica che valuta il diritto all’asilo in Italia è lentissima e mantiene i richiedenti asilo «congelati» in uno stato indefinito anche per tre-quattro anni. Col risultato che molti poi finiscono per uscire dai centri, sfociando in situazioni di illegalità come il palazzo sgomberato la settimana scorsa a Roma.
IL FUTURO DI DUBLINO
Due giorni fa, alla vigilia del vertice di Parigi, Angela Merkel è tornata a dire che va cambiato il trattato di Dublino, quello che regola il diritto d’asilo scaricandone tutto l’onere sui Paesi europei frontalieri. In realtà, il rischio è che un calo degli sbarchi faccia scomparire il tema, inviso a tante Cancellerie dell’Europa del Nord e dell’Est, dall’agenda politica. Fino a una nuova emergenza.
IL GIORNALE
This entry was posted on martedì, Agosto 29th, 2017 at 07:55 and is filed under Politica. You can follow any responses to this entry through the RSS 2.0 feed. You can skip to the end and leave a response. Pinging is currently not allowed.