Il patto di Renzi con Alfano semina il panico nel Pd

Matteo Renzi imbarca Angelino Alfano in Sicilia ma semina il panico a Roma tra il senatori del Pd: ieri è arrivato, dopo settimane di trattative, il via libera all’intesa tra Pd e Alternativa Popolare per le elezioni regionali sul nome di Fabrizio Micari per la presidenza della Regione.

Il rettore dell’Università di Palermo ha ufficializzato la candidatura, rivendicando il profilo civico nonostante a caldeggiare la discesa in campo sia stato il sindaco di Palermo Leoluca Orlando.

«Il mio ruolo è quello di candidato civico che ritiene che il percorso di un campo largo, di una coalizione ampia di centrosinistra con la presenza di tutte le componenti, tutte con la propria dignità, ognuna portatrice dei suo valori, sia la soluzione più giusta. La coalizione del centrosinistra è l’unica reale possibile antagonista della destra e del M5S»- ha spiegato Micari, annunciando la corsa per Palazzo D’Orleans.

Ma a pagare il prezzo più alto del patto siciliano tra Renzi e Alfano sarà il gruppo dem a Palazzo Madama. Alla base dell’intesa sul nome di Micari, c’è, infatti, un accordo tra Ap e Pd per le prossime elezioni politiche. Il segretario del Pd concederà al partito del ministro degli Esteri l’apparentamento per le elezioni al Senato: un passaggio chiave che consentirà ad Alternativa popolare di superare lo scoglio dello sbarramento all’8% che si abbasserà al 3 % per eleggere un pugno di senatori. Una ventina di senatori, tra Campania, Sicilia, Calabria e Puglia, che Alfano soffierà al Pd nelle regioni del Sud dove la presenza di Ap è più forte rispetto al Nord dove, invece, all’indomani dell’accordo siciliano, l’area che fa capo al capogruppo alla Camera dei Deputati Maurizio Lupi minaccia la scissione.

Il capogruppo di Ap alla Camera dei Deputati non ha mai nascosto il proprio apprezzamento per il modello lombardo, di un centro che guarda a destra. La scelta di Alfano di riconsegnarsi tra le braccia di Renzi spingerebbe Lupi fuori dal partito. Alfano, dopo l’addio dell’ex ministro Enrico Costa, rischia ora di trasformare Alternativa popolare in una forza politica regionale, sul modello Udeur di Clemente Mastella, presente solo in alcune regioni del sud. Tra il percorso di una sfida centrista in Sicilia, rompendo l’alleanza con Pd, e la conferma della poltrona in Parlamento, il titolare della Farnesina ha optato per la seconda strada.

Ma la vera rivolta è pronta ad esplodere nelle prossime ore tra i senatori del Pd, molti dei quali vedono a rischio la rielezione. Il patto con Alfano potrebbe avere come prima conseguenza un nuovo esodo nel gruppo di senatori democratici. A suggellare il patto tra centristi e democratici è stato Pier Ferdinando Casini che ha spiegato: «Nel centrosinistra c’è candidatura civica, aperta alla convergenza tra progressisti e moderati». «Una parte della sinistra si è sfilata da questa operazione con la scusa di Alfano. Ma Alfano non c’entra nulla. L’unica cosa che c’entra è la volontà di far perdere Renzi e il Pd, poiché si coltiva una politica di contrapposizione e di odio che francamente ha giustificazioni piuttosto misere».

Chiusa la partita con Alfano, il Pd punta ora a convincere il governatore uscente della Sicilia Rosario Crocetta a un passo indietro, prospettando l’ipotesi di un ticket con Micari. Una strada suggerita da Giovanni Panepinto, vicecapogruppo del Pd nell’assemblea regionale siciliana, che per ora non ha trovato risposta nell’entourage di Crocetta.

IL GIORNALE

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