“Lezioni d’italiano e corsi professionali per tutti i rifugiati”
Oltre che accogliere, integrare. È il mantra del ministro Marco Minniti da mesi. Lo ripete ad ogni occasione pubblica. «Porre l’accento solo sull’accoglienza – diceva recentemente a una Festa dell’Unità – non significa fare una buona politica. Le politiche dell’accoglienza hanno un limite oggettivo che è la capacità di integrazione. Se vogliamo difendere la nostra democrazia, l’accoglienza deve avere il limite nella capacità dell’integrazione». Ecco, è l’integrazione la nuova frontiera del Viminale. In questo senso, ad esempio, Minniti sostiene la legge sullo «Ius soli». Ma non basta. Il ministero dell’Interno si prepara a lanciare un nuovo grande piano per l’integrazione di chi è stato accolto come rifugiato.
Integrazione: ovvero accompagnare lo straniero regolarizzato, quello che s’è visto accogliere la domanda di asilo politico o asilo umanitario, ad accettare le regole e la cultura del Paese che lo ospita. Allo stesso tempo insegnargli a camminare sulle proprie gambe. E perciò, primo, occorrono corsi di lingua perché se lo straniero non parla italiano non potrà mai trovare un lavoro. Secondo, il rifugiato deve essere formato e avviato al lavoro.
Al riguardo c’è un piano in preparazione al Viminale. Se il 2016 è stato segnato da un accordo con l’Anci per coinvolgere il maggior numero possibile di Comuni affinché si allargasse il sistema Sprar (Servizio protezione richiedenti asilo e rifugiati), ora è tempo di stringere un altro accordo con le Regioni perché la formazione professionale e l’avviamento al lavoro è innanzitutto una competenza loro. «Occorre una seconda gamba al sistema dello Sprar», riconosce il sottosegretario Domenico Manzione, che al ministero dell’Interno da diversi anni segue la problematica dell’immigrazione. «Era una falla nel sistema prevedere soltanto l’accoglienza, il vitto e l’alloggio, ma ben poco per l’integrazione».
Non siamo all’anno zero. Qualche esperienza pilota c’è e funziona. A Bologna, per dire. Ci sono accordi con Confcommercio e Confindustria. È in vigore una convenzione con il Coni. Se però si vuole far funzionare sul serio lo Sprar, di cui sono protagonisti circa 1100 Comuni che hanno aderito volontariamente al progetto, è indispensabile che anche le Regioni facciano la loro parte e che lo facciano in maniera integrata, senza interventi spot. Con il calo drastico dei numeri negli sbarchi, peraltro, tutto diventa più maneggiabile.
Come si articolerà il piano, si vedrà. C’è tutto l’autunno per definirlo nei dettagli. Già oggi, comunque, le Regioni incamerano importanti finanziamenti europei per la formazione, il che significa un’infinità di corsi sia di base che di aggiornamento. Si fa formazione nelle aree pesca-agricoltura, costruzioni, chimico, sanitario. Ma su tanto altro: macchine movimento terra, ristorazione, comunicazione e marketing digitale, allevamento animali produttivi, cuoco di bordo, tecnico dei giardini, programmatore di computer. E si potrebbe continuare all’infinito.
Per attivare nuovi corsi finalizzati all’integrazione dei rifugiati, a cui potrebbero partecipare anche i Comuni e le associazioni del Terzo settore, peraltro, c’è a Bruxelles uno specifico Fondo Asilo Migrazione e Integrazione. Ma occorrono idee chiare e progetti finanziabili.
Ora, non che al ministero dell’Interno si illudano che questa dei corsi di formazione sia la bacchetta magica. «Con la crisi che c’è… Ma l’alternativa non può essere l’attuale, di lasciarli ai giardinetti oppure a chiedere la carità per le strade», sospira Manzione. Nè si nascondono che molti corsi regionali sono una burla. Indimenticabili i corsi da maestro di sci che qualche anno fa furono organizzati dalla Regione Campania, messi alla berlina da Gian Antonio Stella.
È però matura la convinzione che si deve pur cominciare a istituzionalizzare i percorsi di integrazione. Altrimenti i rifugiati saranno inesorabilmente destinati alla marginalità e all’illegalità. Non a caso, ieri, il Capo della polizia, il prefetto Franco Gabrielli, diceva: «L’integrazione è una opportunità da utilizzare per salvaguardarci dalla criminalità e dal terrorismo…. L’illegalità porta a commettere reati, diventa terreno di reclutamento per le organizzazioni criminali ma anche per il terrorismo di matrice religiosa».
Le scene dei rifugiati somali e eritrei (non immigrati clandestini) che a Roma sostano sotto il palazzo di piazza Indipendenza e che tutt’oggi, a otto giorni dallo sgombero, non sanno dove andare e perciò trascorrono la notte all’addiaccio, sono esattamente quello che al Viminale vogliono scongiurare. La mancata integrazione che diventa tensione, chiusura, scontro di piazza, odio e può diventare persino terreno fertile per la radicalizzazione islamista.
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