Se il Partito della Nazione è una grande ammucchiata
È il partito della nazione in versione ridotta. La mutazione della «vocazione maggioritaria» delle origini nel progetto di un listone gabbia che inglobi tutte le anime della sinistra.
L’idea circola dalle parti del Nazareno e ieri è emersa in versione beta in un’intervista a Matteo Richetti. Subito respinta dai potenziali partner.
Il portavoce del Pd auspica che alle elezioni politiche il Pd «sappia andare oltre se stesso e ospitare esperienze liberaldemocratiche da una parte e progressiste dall’altra». In sintesi, un listone che comprenda Giuliano Pisapia, che ormai è una cosa a parte rispetto a Mdp di Bersani e D’Alema, ma che sappia tenere dentro anche l’attuale ministro delle Attività produttive.
Anche se alla fine nella legge elettorale dovesse spuntare il premio di coalizione, «l’esigenza di allargarci per noi rimane». «Da una parte Calenda e l’esperienza che sta costruendo sui valori dell’Europa e della liberal democrazia e, dall’altra, Pisapia con l’esperienza in un campo progressista e solidale, sono non solo alleati, ma eventualmente compagni di strada in una lista unica».
Due dei potenziali concorrenti di Matteo Renzi, tirati in ballo per le liste democratiche da un autorevolissimo esponente renziano. Dentro il governo futuro, e quindi anche nel listone, «Gentiloni, Delrio e Minniti», anche in questo caso potenziali concorrenti.
Richetti, per contro, tratta male Ap di Angelino Alfano. L’unico modo di restare dentro il progetto di lista unica per il ministro degli Esteri è che rinunci al nome e alla collocazione – anche se tutta teorica – nel centrodestra.
Nessun commento da Calenda, ma da Campo progressista è arrivato il «no» di Pisapia. «Noi non faremo la stampella di nessuno. A Pisapia una somma di sigle senza politica non interessa», ha spiegato Marco Furfaro. Il progetto convince poco anche Franco Monaco, esponente del Pd e ulivista storico, che ha sintetizzato così lo stato del centrosinistra: «Da un lato esponenti della sinistra che si dice di governo ma che contraddittoriamente rifiutano pregiudizialmente l’idea di una coalizione unitaria e plurale di centrosinistra. Dall’altro esponenti renziani che immaginano un unico listone del Pd che, bontà sua, concederebbe qualche posto a altri, mostrando così di non avere compreso la lezione che viene dalla sequela di sconfitte».
Manca il gioco di squadra. E forse per questo Renzi ieri è ricorso a una delle sue metafore sportive. Ha postato nel suo profilo Facebook un video di una partita delle ragazze under 18 della nazionale di volley. «Come sarebbe bello se anche l’Italia del futuro avesse lo stesso entusiasmo e la stessa grinta», ha scritto a proposito della vittoria della nazionale. Nel video la squadra riesce a recuperare una partita che sembrava persa. «Queste ragazze che in cinque minuti fanno il miracolo, con salvataggi che sembrano da cartone animato».
Ma la politica è un’altra cosa e al Pd riesce difficile anche chiudere un accordo per le elezioni siciliane. L’accordo con Alfano regge, ma solo al vertice. Il leader centrista deve fronteggiare i malumori dei suoi. Lo stesso ministro è irritato con il Pd, tanto che traballa la candidatura del rettore dell’università di Palermo Fabrizio Micari. Alfano cerca di richiamare l’attenzione di Renzi dicendo che l’alleanza col Pd se si chiuderà sarà solo siciliana. Sempre a sinistra, il governatore Rosario Crocetta torna a chiedere primarie, che invece Micari non vuole. Molto più facile fare l’allenatore di volley che il segretario Pd.
IL GIORNALE