Nord Corea: “Effettuato con successo test con la bomba a idrogeno. Pronti a montarla sul missile”
Il regime ha confermato. La Corea del Nord ha effettuato (con successo) il suo sesto test nucleare, sperimentando il nuovo ordigno atomico a idrogeno di cui si sarebbe dotata recentemente. L’annuncio dell’agenzia di Stato conferma quanto da più parti era stato detto subito dopo la rilevazione della scossa di magnitudo 6.3 individuata a dieci chilometri di profondità dalla superficie terrestre nei pressi della penisola coreana. Il balzo dei sismografi ha immediatamente fatto scattare lo stato di allerta militare nel Pacifico. Il tremore era stato confermato dalle agenzie sismiche cinesi e statunitensi e sarebbe avvenuto prima di mezzogiorno ora locale, le 5 del mattino in Italia, con una consequenzialità immediata dall’annuncio avvenuto poche ore prima del completamento di una nuova arma nucleare da parte della Corea del Nord. Un’arma “più avanzata”, ovvero una testata a idrogeno in grado di essere montata sul nuovo missile intercontinentale Icbm e di esplodere anche ad altitudine elevata.
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Dopo aver alzato il tiro nelle provocazioni col lancio del vettore di medio raggio Hwasong-12 da parte del regime passato sopra il Giappone, Kim Jong-un sfida di nuovo la comunità internazionale e, soprattutto, gli Stati Uniti di Donald Trump. Un sfida che si consuma su un terreno ancora più deflagrante, perché la minaccia nucleare incarnata da Pyongyang è finanche più drammatica di quella balistica. Oltre a sottolineare come il giovane leader sia ormai senza freni, quanto meno nelle sue “provocazioni pericolose”, noncurante dei moniti provenienti dal mondo intero, e dalle difficoltà che anche tradizionale alleati come Russia e Cina hanno nel difenderlo. Tanto da farsene vanto davanti al suo popolo, a titolo propagandisti, e dinanzi al mondo intero a rivendicare la sua “intoccabilità”. Kcna, infatti, ha divulgato foto di Kim che ispeziona un impianto nucleare e la nuova bomba a idrogeno, come a indicare che il Paese può produrre quante armi nucleari vuole.
E alle parole sono seguiti i fatti. Il test, il primo dell’era Trump, è fra l’altro giunto prima del previsto: alcuni ritenevano una data probabile quella del 9 settembre, anniversario della fondazione della “repubblica democratica”, la data per la sperimentazione. Il sesto test nucleare, che si aggiunge ai 18 test balistici condotti solo nel 2017 da Kim (80 da quando è presidente), è destinato a sollevare dure reazioni dalla comunità internazionale. Già ieri sera Trump aveva avuto un colloquio con il primo ministro giapponese Shinzo Abe per affrontare il problema della “minaccia crescente” rappresentata dal giovane leader. E solo qualche giorno fa il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite aveva condannato all’unanimità il lancio del missile Hwasong-12. Nel gennaio 2016 la Corea del Nord dichiarò di aver messo a punto con successo un ordigno a idrogeno (bomba sporca) nel suo quarto test nucleare, ma la notizia era stata accolta con scetticismo dagli esperti. Inoltre un mese fa il regime aveva detto di possedere mini ordigni nucleari nei suoi arsenali.
Il primo elemento da appurare, ed è su questo che gli esperti e le intelligence delle due sponde del Pacifico stanno lavorando, è accertare la veridicità sullo sviluppo della bomba a idrogeno. Gli accertamenti presentano molte difficoltà e gli Stati Uniti si affidano soprattutto ai satelliti spia. Specie dopo che la Corea del Nord ha definito il lancio che ha sorvolato il Giappone il “preludio” di quello che succederà a Guam, l’avamposto americano nel Pacifico già oggetto di attenzioni di Kim nelle minacce dell’”attacco di Ferragosto”.
Dopo quella vicenda sembrava che il giovane leader si fosse ravveduto, sulla scia delle promesse di “fuoco e furia” da parte di Trump in caso di attacco, e gli sforzi della diplomazia parallela che opera sotto traccia al Palazzo di Vetro. Ed invece è stata solo una ritirata di convenienza, durata ben poco, dopo la quale Kim è tornato più provocatorio che mai. E superando tutte le “linee rosse” demarcate dalla comunità internazionale. Trump rilancerà sulla necessità di un’azione energica che potrebbe trovare forma nella reiterata “opzione militare presente sul tavolo”. Secondo indiscrezioni, il presidente nel frattempo starebbe valutando una mossa controversa, ovvero l’uscita degli Stati Uniti dall’accordo di libero scambio con la Corea del Sud.
Un’ipotesi sulla quale Trump incontra le resistenze di parte della sua amministrazione, convinta che un addio dall’intesa commerciale rischi di isolare Seul in un momento in cui la minaccia nord coreana aumenta. Certo l’inquilino della Casa Bianca vorrebbe maggior attivismo da parte dei protagonisti regionali, in particolare Cina e Russia che fanno muro in seno al Cds sull’uso della forza. Un intervento dovrebbe pertanto essere frutto di un’azione unilaterale da parte di Washington, anche se il presidente russo Vladimir Putin ha messo in guardia su come si sia sull’orlo di “un conflitto su larga scala”. Proprio sulla garanzia del “fire-wall” eretto da Pechino e Mosca, Kim si è sentito in diritto di alzare il tiro, dando inizio a una deriva di fuoco che rischia di essere senza ritorno.
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