Il maestrale elettorale che ci travolge tutti

Quando soffia il maestrale, in Gallura, fa sul serio: spazza le dune, pettina le piante, gonfia il mare. Calette idilliache diventano catini di schiuma: eppure c’è sempre un tipo che decide di farsi un tuffo. Qualche volta Luca, il bagnino di Rena Majore, riesce a tirarlo fuori; qualche volta, purtroppo, no. Questo mare arrabbiato mi ricorda cosa c’aspetta nella stagione in arrivo: una campagna elettorale tempestosa. E non potremo guardarla dalla riva. Il soccorso? Un aiuto a capire? Un tempo toccava a noi giornalisti. Poi sono arrivati gli smartphone, il 4G e i social. Non è cambiato il vento: è cambiato il mare.

 Tra le onde, adesso, ci siamo tutti: soccorritori e soccorsi, surfisti della politica e palombari dell’insulto, vecchi commentatori e giovani galleggiatori. Domanda: chi volesse un salvagente, a chi può rivolgersi?  A chi fa domande e pretende risposte, direi. Sta per iniziare una nuova stagione televisiva: ogni volta che un personaggio politico risponde «La questione è un’altra…», allarmatevi. E arrabbiatevi con l’intervistatore, se non interrompe e dice: «Eh, no. Qual è la questione, se permette, lo decido io».

   Un esempio? Le alleanze. Lo scempio — la scempiaggine? — intorno alla legge elettorale è noto: andremo al voto con un sistema di risulta che, quasi certamente, non indicherà un vincitore, quindi un governo. Partiti rivali dovranno mettersi d’accordo. Hanno il dovere di dirci cos’hanno in mente. La Lega è disposta a governare col Movimento 5 Stelle (e viceversa)? Il Pd esclude di governare con Forza Italia? Non sono domande ingenue; sono domande chiare. Ma vedrete che fatica, ottenere una risposta.

   Eppure dobbiamo provarci, noi giornalisti. Per almeno due motivi. Il primo, civico: il mondo è diventato troppo complicato, l’Italia non può permettersi mesi di incertezza. Il secondo, professionale: se faremo domande e pretenderemo risposte, ci renderemo utili, almeno un po’. Dimostreremo di voler dare un senso al mestiere. Perché la tempesta finisce, prima o poi. E tutti ricorderanno chi s’è buttato fra le onde; e chi invece s’è chiuso in macchina, a guardare la mareggiata da lontano.

CORRIERE.IT

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