Nome in codice: Decapitazione. Ecco il piano per uccidere Kim

Il suo nome in codice è «Piano Operativo 5015», ma per i pochi che hanno potuto visionarlo è semplicemente il «progetto decapitazione», un piano per far fuori in un colpo solo sia il supremo leader Kim Jong-un e i suoi generali, sia i centri di comando, i siti nucleari e le postazioni missilistiche di Pyongyang.

Messo a punto nel 2015 per rispondere a provocazioni «intollerabili», come l’esperimento nucleare di ieri, il «Piano 5015» si basa sull’uso combinato di forze speciali e armamenti ad altissima tecnologia in grado di causare distruzione radicali, ma altamente selettive e concentrate. Tra questi anche ordigni nucleari miniaturizzati capaci di penetrare in profondità nel sottosuolo e disintegrare sia i bunker sotterranei utilizzati per lo sviluppo delle armi atomiche, sia quelli in cui vivono e operano il supremo leader e i suoi più stretti collaboratori.

Il piano, firmato nel 2015 dal Capo di Stato Maggiore sud coreano generale Choi Yoon-hee e dal generale Curtis Scaparotti, responsabile, al tempo, del comando militare combinato Usa-Corea Del Sud, è ovviamente super-segreto, ma certe sue parti, sufficienti a comprenderne la micidiale portata offensiva, sono state fatte trapelare da alcuni generali delle forze armate di Seul preoccupati per le imprevedibili conseguenze in caso di mancato raggiungimento degli obbiettivi designati. Tra gli scarni, ma significativi dettagli vi è proprio la caratteristica «preventiva» del piano, ovvero la possibilità di farlo scattare in assenza di un’autentica situazione di conflitto come prevedeva, invece, il precedente progetto operativo 5027.

Basato su un «ripiegamento» seguito da «riallineamento» e «reazione» il 5027 era sostanzialmente un piano di risposta ad un aggressione convenzionale. Il «Piano 5015» basato sul concetto operazionale delle «4 D» prevede l’«individuazione» (detecting), la «disgregazione» (disrupting), la «distruzione» (destroying) e la «difesa» (defending) dalle minacce simmetriche e asimmetriche di Pyongyang. L’avvio prevede l’infiltrazione di un nutrito contingente di forze speciali americane e sud coreane nel cuore del sistema militare nemico per individuarne con precisione gli obbiettivi designati. A quel punto – mandati in tilt i sistemi di comunicazione e i computer nord coreani con attacchi cibernetici e azioni di guerra elettronica entrerebbero in gioco i missili «cruise», i caccia F22 e i bombardieri B-2 incaricati di neutralizzare siti nucleari, postazioni missilistiche e centri di comando. I centri di comando sotterranei, i presunti rifugi di Kim Jong Un e i siti nucleari verrebbero colpiti con micro testate atomiche in grado di contenere nel sottosuolo la dispersione radioattiva garantendo però il totale annientamento delle strutture e degli occupanti.

La «difesa», prevista al quarto punto, servirebbe a contenere eventuali contrattacchi messi a segno dalle formazioni della Corea del Nord ancora in grado di operare dopo le prime tre fasi del piano. Proprio per questo suo carattere particolarmente aggressivo il 5015 è stato descritto da una fonte militare di Seul come un progetto per la «decapitazione preventiva» del supremo leader Kin Jongun e della sua catena di comando. Resta da vedere se le autorità di Seul avranno mai il coraggio di autorizzarne la messa in opera. Come ogni piano militare anche il 5015 si basa infatti su una perfetta intelligence, ovvero su una meticolosa e precisa individuazione degli obbiettivi. Un’intelligence carente rischia invece di renderlo assolutamente inefficace garantendo non solo la sopravvivenza di Kim Jong-un e del suo regime, ma anche l’eventualità un devastante secondo colpo capace di causare decine di migliaia di vittime americane e sudcoreane.

IL GIORNALE

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